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Curare il cancro con le cellule staminali: potenti armi pronte all’uso

Leucemia: trattamento innovativo grazie ad una scoperto sorprendente

Le cellule staminali – dette anche cellule primitive – hanno la capacità di trasformarsi nei diversi tipi di tessuti presenti nel nostro corpo. Quelle ottenute dagli embrioni possono trasformarsi addirittura in tutte le cellule dell’organismo, e quindi si considerano totipotenti, mentre quelle prelevate dal sangue del cordone ombelicale, o da tessuti adulti, sono in grado di dare origine solo ad alcuni tipi specifici di cellule e si definiscono, per questo motivo, pluripotenti.

Attualmente, l’unica loro applicazione clinica validata è il trapianto di cellule staminali ematopoietiche, adottata per curare alcuni tumori del sangue, in particolare le leucemie e i linfomi. I ricercatori hanno scoperto che soltanto uno specifico sottoinsieme di cellule leucemiche può causare la leucemia, quando trapiantato in un organismo sano, caratteristica chiave proprio delle cellule staminali tumorali.

Le cellule staminali, embrionali e adulte, sono diverse dalle cosiddette cellule staminali tumorali, le quali fanno parte invece del tumore e ne costituiscono la riserva per la propria crescita maligna. Inoltre, le cellule staminali tumorali si utilizzano in laboratorio per studiare i meccanismi d’azione molecolari coinvolti nella proliferazione cellulare incontrollata e attualmente sono il potenziale bersaglio di alcune innovative terapie antitumorali.

 

Conoscere le cellule staminali

Per cellule staminali si intendono una categoria di cellule indifferenziate non ancora specializzate. Esse hanno, infatti, delle proprietà biologiche uniche, come un’alta capacità di proliferazione e rinnovamento tramite divisione cellulare.

Le cellule staminali maggiormente utilizzate negli studi clinici condotti nel mondo, sono le staminali adulte le quali sono dette “unipotenti” in quanto possono generare solo un tipo di cellula, oppure “multipotenti” qualora possano produrre più tipologie di cellule che successivamente si differenziano dando origine a cellule dello stesso tipo di tessuto da cui sono state prelevate.

Le cellule staminali del sangue, in particolare, sono cellule ematopoietiche e possono differenziarsi in diversi tipologie cellulari. Le staminali ematopoietiche possono essere prelevate dal midollo osseo ma si trovano, pur se in quantità limitata, anche nel sangue del cordone ombelicale e sono in grado di dare origine alla sua  parte corpuscolata e cioè a globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. Possono inoltre intervenire nella rigenerazione del midollo osseo.

Un altro tipo di cellula adulta è la staminale mesenchimale, che può dare origine a cellule dell’osso, della cartilagine e del muscolo. Le cellule mesenchimali si trovano anch’esse nel midollo osseo così come nel tessuto adiposo che ne è particolarmente ricco.

 

Cancro: una patologia originata dalle cellule staminali

Il cancro è oggetto di ricerche approfondite in tutto il mondo. Molte sono le domande in merito a questa malattia che rimangono ancora senza una risposta definitiva.

Da cosa ha origine esattamente il cancro nel corpo, e come crescono i tumori? La teoria  delle cellule  staminali tumorali  spiegherebbe come alcune forme di cancro si originano, e perché alcuni pazienti, invece, sono soggetti a recidive.

Le cellule staminali prelevate da persone sane diventano armi anti-cancro ‘pronte all’uso’ in quanto sono state epigeneticamente modificate in modo da intercettare e uccidere nel sangue le cellule tumorali, ad esempio, del glioblastoma, uno dei tumori al cervello più aggressivi e difficili da curare. Testate nei topi, hanno dimostrato una grande efficacia, permettendo la sopravvivenza del 100% degli animali trattati.

La ricerca, guidata da un team di biologi dell’Harvard Medical School di Boston e pubblicata sulla rivista internazionale Nature Communications, apre la strada a sperimentazioni cliniche sugli esseri umani.

Il glioblastoma è un tumore estremamente difficile da trattare in quanto la maggior parte delle sostanze terapeutiche non riesce ad attraversare la barriera emato-encefalica tra sangue e cervello, e più del 90% dei glioblastomi recidiva anche dopo l’intervento chirurgico e le successive chemioterapie e radioterapie.

I ricercatori, guidati dal prof. Deepak Bhere, hanno deciso di studiare le cellule staminali prelevate da persone sane invece che dai pazienti malati a causa dell’aggressività del tumore; la maggior parte di essi, viene sottoposta all’operazione chirurgica entro una settimana dalla diagnosi, e quindi non ci sarebbe il tempo per sviluppare terapie basate sulle cellule del paziente stesso.

Gli autori della ricerca hanno quindi modificato, mediante raffinate tecniche di biologia molecolare, le cellule staminali per indurle a produrre una proteina che lega i cosiddetti “recettori della morte apoptotica”, molecole antigeniche presenti sulle cellule tumorali che ne causano la distruzione. Queste cellule ‘pronte all’uso’ sono state poi incapsulate in un gel biodegradabile. Tutti i topi trattati, subito dopo l’intervento chirurgico a cui sono stati sottoposti, erano ancora vivi a 90 giorni dall’inizio della cura, mentre gli altri, quelli di controllo, hanno mostrato un periodo medio di sopravvivenza di circa 55 giorni. In nessun caso sono stati rilevati effetti collaterali indesiderati.

 

Uno studio californiano sulle cellule staminali

I ricercatori stanno cercando di capire quali cellule diano origine alle cellule cancerose metastatiche. Qualsiasi cellula e’ in grado di trasformarsi in cellula staminale tumorale, oppure sono soltanto le cellule staminali naturali che, in seguito a mutazioni geniche, diventano cellule staminali cancerose?

Per studiare questo fenomeno, i biologi del gruppo del dr. John Chute, direttore della Divisione di Ematologia e Terapia cellulare presso il Cedars-Sinai Medical Hospital di Los Angeles,  hanno estratto numerose cellule dal midollo osseo di topi adulti e hanno analizzato i campioni attraverso un dispositivo in grado di rilevare centinaia di diversi tipi di cellule in base alle proteine presenti sulle loro superfici.

Con questo metodo analitico hanno osservato che le cellule staminali ematopoietiche possiedono un’alta concentrazione di syndecan-2, molecola che fa parte di una famiglia di proteine chiamate “proteoglicani eparan-solfati” e presenti sulla membrana plasmatica cellulare.

I ricercatori hanno scoperto che questa proteina svolge un ruolo fondamentale nel momento in cui si riproducono le cellule staminali ematopoietiche. Quando le cellule staminali che esprimono syndecan-2 sono state trapiantate nei topi, le loro cellule si sono ripopolate, mentre quando il trapianto è stato eseguito con cellule staminali prive di syndecan-2, esse hanno smesso di replicarsi. I ricercatori hanno così dimostrato che trapiantare solo cellule che esprimono syndecan-2, potrebbe rendere i trapianti di cellule staminali del sangue molto più efficienti dal punto di vista terapeutico. “Con il nostro studio – ha affermato il dr. Chute – abbiamo scoperto che la proteina syndecan-2  identifica le cellule staminali del sangue primitive e ne regola la loro funzioneI risultati porteranno a futuri metodi, innovativi ed efficaci, per combattere le malattie oncologiche“.

Un secondo studio del team del Dr Chute ha indagato il meccanismo molecolare attraverso cui i vasi sanguigni, nel midollo osseo, rispondono a lesioni, causate ad esempio da chemioterapici o radioterapia.

Quando i pazienti si sottopongono a questi trattamenti, la conta delle loro cellule ematiche cala drasticamente, e in genere sono necessarie diverse settimane prima che essa torni ai livelli standard.

Durante l’esperimento, Chute e colleghi hanno osservato che, quando i topi ricevono un trattamento di radioterapia, le cellule che rivestono le pareti interne dei vasi sanguigni del midollo osseo producono una proteina chiamata semaforina-3A. Questa “ordina”, a cascata, a un’altra proteina – la neuropilina-1 – di eliminare i vasi sanguigni danneggiati. Quando i ricercatori hanno bloccato la capacità di queste cellule dei vasi sanguigni di produrre neuropilina-1 e semaforica-3A, iniettando un anticorpo che interrompesse la comunicazione tra queste 2 macromolecole, hanno osservato che il sistema vascolare del midollo osseo si era perfettamente rigenerato dopo la radioterapia.

L’inibizione di questo meccanismo a cascata – ha affermato il dr. Chute provoca un rapido recupero dei vasi sanguigni e delle cellule del sangue nel midollo osseo, dopo la chemioterapia o la radioterapia. In linea di principio, prendere di mira questo meccanismo consente ai pazienti di riprendersi dopo i trattamenti chemio-radioterapici in un paio di settimane al massimo, invece delle tre o quattro che sono necessarie di solito”.

 

La ricerca in Italia sulle staminali del cancro

Un gruppo di ricercatori italiani ha recentemente scoperto che l’aggressività del tumore al seno dipende strettamente dal numero di cellule staminali in esso contenute. Gli studi sono stati coordinati dal prof. Pier Paolo Di Fiore dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, nell’ambito del Programma di Oncologia clinica molecolare, sostenuto coi fondi derivati dal 5 per mille devoluto ad AIRC dai contribuenti. Il metodo che hanno studiato, permette di riconoscere e isolare tali cellule staminali dalle altre. Un kit in corso di definizione potrebbe rendere la procedura più semplice, così da essere alla portata di tutti i laboratori di diagnostica. Un ulteriore obiettivo dello studio è identificare nuovi marcatori basati proprio sulle cellule staminali tumorali al fine di valutare le caratteristiche di aggressività della malattia, e poter così stabilire il successivo approccio terapeutico più adeguato.

Le staminali del cancro, tuttavia, non sono importanti solo per il tumore al seno. I risultati di diversi studi suggeriscono che lo stesso fenomeno si verifichi anche quando il cancro si sviluppa in altre parti dell’organismo.

Inoltre, la maggior parte dei ricercatori è ormai convinta che dipenda dalle staminali tumorali anche la ricomparsa della malattia a distanza di molto tempo dalla sua remissione. Le cure, infatti, possono distruggere tutte le cellule tumorali attive, ma difficilmente riescono a eliminare le staminali del cancro, che possono restare dormienti per molto tempo prima di riprendere il loro processo di replicazione.

Per evitare che ciò accada gli studiosi stanno concentrando l’attenzione proprio su alcune caratteristiche delle staminali del cancro. Hanno così scoperto che la replicazione asimmetrica che le caratterizza dipende dall’inattività di p53, una proteina capace di inibire la crescita tumorale. Se p53 è inattiva, la proliferazione delle cellule cancerogene è incontrollata e quindi duratura. Con una nuova categoria di farmaci attualmente in fase di studio, le natline, si potrà bloccare la degradazione della proteina-chiave p53 che potrà così riprendere il controllo sul tumore, qualunque sia la sua sede di origine.

Un altro approccio è mirato all’immortalità delle staminali tumorali. Da che cosa dipende il fenomeno? Essenzialmente dalla straordinaria capacità di queste cellule di riparare il proprio DNA che si danneggia col passare del tempo. Per questo i farmaci inibitori dei meccanismi della riparazione, i cosiddetti PARP inhibitors, già utilizzati per il trattamento di alcuni tipi di tumore al seno e per il cancro alle ovaie in fase avanzata, potrebbero rivelarsi efficaci anche contro altre forme di cancro.

 

Sfruttare le staminali del cancro per combattere la malattia

Nella ricerca si utilizzano le cellule staminali del cancro per riprodurre alcune caratteristiche dei tumori in laboratorio, e per sfruttare tali cellule come possibili “cavalli di Troia” per colpire il tumore al suo interno.

Uno dei programmi sostenuti negli anni passati dalle donazioni del 5 per mille ad AIRC, è stato coordinato dal prof. Ruggero De Maria, all’epoca direttore scientifico dell’Istituto Nazionale dei Tumori Regina Elena e oggi docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.

Nel corso del programma i ricercatori hanno riprodotto in laboratorio parti dei tumori del polmone e del colon di singoli pazienti. L’obiettivo era valutare i farmaci più promettenti e identificare i pazienti che avrebbero potuto trarre i maggiori benefici da ciascuna terapia.

Recentemente, un gruppo di ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità ha approfondito tali studi in un progetto coordinato dalla d.ssa Ann Zeuner del Dipartimento di Oncologia e Medicina molecolare. In particolare è stata trovata, nei tumori del colon, una piccola popolazione di cellule staminali tumorali dormienti. Oltre a essere potenzialmente più cancerogene, in quanto cellule staminali tumorali, sono anche molto resistenti alle terapie. La scoperta ha aggiunto un ulteriore tassello alle conoscenze sulle cellule staminali tumorali che, come abbiamo detto, rappresentano un bersaglio nella lotta ai diversi tipi di tumore.

Infine, un gruppo di ricercatori, coordinato dal dr. Francesco Nicassio dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Milano e dal prof. Pier Paolo Di Fiore dell’IEO, ha individuato due micro-RNA, (miR-146a e miR-146b) che agiscono come interruttori molecolari  nel bloccare il tumore al seno. Inattivando tali interruttori si interrompe la proliferazione delle cellule staminali tumorali.

Ultimo in ordine cronologico ma non meno importante dal punto di vista scientifico, in uno studio guidato dalle ricercatrici Antonella Sistigu e Martina Musella e nato dalla collaborazione tra l’Università Cattolica e il Campus Bio-medico di Roma, è stato individuato un meccanismo di resistenza ai farmaci nel tumore al seno. Tale meccanismo porta alla formazione di cellule staminali tumorali in grado di causare recidive e metastasi.

 

Le cellule tumorali adulte mimano il comportamento delle cellule staminali embrionali

Negli embrioni, la crescita dei tumori viene bloccata da proteine chiamate fattori di differenziazione staminale, molecole attive durante l’organogenesi. Questi fattori proteici sono presenti sia nell’utero dei mammiferi che nelle blastocisti degli ovipari ed intervengono per proteggere gli embrioni, vite nascenti, dai possibili errori di trascrizione del DNA, errori che possono comparire durante le intense fasi di proliferazione cellulare.

Studi in vitro hanno dimostrato che piccoli peptidi e alcuni specifici micro-RNA inibiscono epigeneticamente la crescita delle colture di cellule tumorali.

L’intuizione dei ricercatori è stata proprio quella di paragonare una cellula cancerosa ad una staminale embrionale: entrambe infatti sono caratterizzate da rapidissime duplicazioni. Ad un certo punto, però, le cellule staminali dell’embrione, seguendo il proprio specifico programma biologico ed epigenetico, si fermano nella loro riproduzione ed iniziano a differenziarsi: alcune diventeranno cellule del miocardio, altre del muscolo scheletrico, altre ancora del cervello, e così via sino a formare l’organismo completo.

Nel tumore invece ciò non avviene in quanto c’è solo crescita incontrollata e disordinata delle cellule neoplastiche immortalizzate.

I ricercatori hanno pertanto studiato in dettaglio perché ad un certo punto le cellule staminali embrionali smettono di replicarsi e iniziano a differenziarsi, scoprendo che il segnale epigenetico che induce questo cambiamento deriva da alcuni micro-RNA e da piccole proteine secrete dalle staminali stesse, i cosiddetti fattori di differenziazione staminale.

Si è quindi ipotizzato che gli stessi segnali potessero funzionare anche con le cellule tumorali e numerosi esperimenti in vitro e in vivo hanno confermato questa ipotesi e cioè che anche i tumori rispondono ai fattori di differenziazione staminale embrionale interrompendo, così, la loro incessante duplicazione cellulare. Un enorme passo in avanti nella comprensione della biologia dei tumori e della possibilità non solo di eliminarli ma anche di rieducarli affinché trasformino il loro fenotipo da maligno a benigno.

 

Articoli d’approfondimento sulle cellule staminali tumorali

https://www.oncolife.it/novita-dalla-ricerca/come-distruggere-le-cellule-tumorali-staminali/

https://www.oncolife.it/novita-dalla-ricerca/si-possono-uccidere-le-cellule-staminali-del-cancro/

https://www.oncolife.it/novita-dalla-ricerca/proteina-delle-cellule-staminali-possibile-via-uccidere-le-cellule-del-tumore-al-seno/

https://www.oncolife.it/novita-dalla-ricerca/cellule-staminali-del-cancro-ottimizzate-migliorano-lefficacia/

https://www.oncolife.it/lavori-scientifici/reversione-tumorale-come-trasformare-le-cellule-cancerogene-in-cellule-sane/

 

Fonti

https://www.airc.it/cancro/informazioni-tumori/corretta-informazione/cellule-staminali

https://www.airc.it/cancro/informazioni-tumori/cose-il-cancro/staminali-la-benzina-del-tumore

https://www.artoi.it/cellule-staminali-neoplastiche/

https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/biotech/2022/05/23/cellule-staminali-trasformate-in-armi-anti-cancro-pronte-alluso_391fe71c-45b2-4d38-8639-62de18be7c67.html

https://www.today.it/benessere/salute/tumori-trattamenti-cellule-staminali.html

https://www.gravidanzaonline.it/cordone_ombelicale/cellule-staminali-in-italia-legge.htm

https://www.oncolife.it/lavori-scientifici/tumore-e-differenziazione-un-modello-per-spiegare-la-malignita/

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