Queste sono le storie di tre donne che hanno “incontrato” il cancro e che, dopo un primo momento di forte smarrimento, lo hanno affrontato a viso aperto con coraggio e determinazione e, infine, l’hanno sconfitto. Ciò anche grazie all’incontro con medici e infermieri dalle grandi competenze professionali e dalla profonda empatica umanità.
A cuore aperto hanno raccontato la loro esperienza, per offrire una parola di grande speranza a tutte le persone coinvolte in questa battaglia contro il cancro.
Caterina e la sua scelta di curarsi vicino a casa
La Calabria, terra di passioni, cultura e anche di storie di coraggio!
Caterina, oggi è una donna di 62 anni che ha scoperto, una decina di anni fa, di avere un tumore che avrebbe potuto spezzare il suo spirito e la sua forza. La scelta di curarsi a Soverato si è rivelata una decisione importante che ha cambiato, in positivo, la sua vita.
“C’era chi diceva di andarmi a curare fuori dalla Calabria. Io ho detto no! Se una cosa deve andare bene, così deve essere, medici sono qua e medici sono là. E posso dire che a Soverato ho trovato veramente delle persone umanissime che ti trattano come se fossi una di famiglia” afferma Caterina, esprimendo gratitudine nei confronti dell’equipe di Oncologia dell’Ospedale del Basso Ionio, guidata dalla dottoressa Rita Marino, affiancata dalle premurose infermiere Francesca e Patrizia, personale sanitario che l’ha accolta con grande umanità e dedizione.
La diagnosi iniziale ha stravolto la vita di Caterina, ma la sua forza e il supporto dell’equipe medica l’hanno aiutata a superare le sfide con coraggio e determinazione.
“Non riuscivo a mangiare, non riuscivo ad andare in bagno – racconta Caterina nella sua semplicità – ma pensavo che questo fosse dovuto all’ernia iatale che mi tormentava da un paio di mesi. Fino a quando un medico a me molto caro, il dottore Paolo Ficchì del Pronto Soccorso, ha scoperto, dopo una serie di esami, che avevo un tumore all’intestino, però partiva tutto dal seno. I miei tumori maligni si formano nel seno e poi si diffondono verso altri organi.”
Il reparto di Oncologia dell’Ospedale di Soverato ha offerto non solo cure mediche, ma anche emozioni positive che hanno reso il suo percorso molto più tollerabile. Caterina sottolinea come le emozioni abbiano giocato un ruolo fondamentale nel superare la malattia e come il sorriso profondamente umano del personale medico abbia trasformato positivamente le sue giornate di terapia.
“Alcune volte, quando devo andare a fare il prelievo per l’emocromo oppure la chemio non ho alcuna voglia di alzarmi da letto perché mi scoraggio e dico a me stessa “Cosa vado a fare, oramai sono tre anni che combatto e questi linfonodi ricrescono sempre!” Poi arrivo in ambulatorio e tutto si trasforma quando leggo il tenero sorriso, che mi accoglie, sul volto di Francesca e Patrizia, con la dottoressa Marino che mi chiama ‘zia Rina’. Lei anche quando è stanca non lo dimostra mai ed è sempre disponibile; io la disturbo anche la domenica e lei risponde sempre con grande umanità”.
Il figlio di Caterina, nei ringraziamenti finali della sua tesi di laurea in Medicina, ha scelto di menzionare proprio la dottoressa Marino e le due infermiere Francesca e Patrizia definendole come i suoi “angeli dell’oncologia”. Una dimostrazione tangibile di quanto il supporto umano possa influenzare positivamente nel percorso di guarigione.
In un periodo in cui spesso si parla di migrazione sanitaria, la storia di questa forte donna ci ricorda che, nel nostro territorio nazionale, ci sono eccellenze sanitarie che vanno fatte conoscere attraverso una straordinaria testimonianza come questa, ricca di coraggio, speranza e calore umano
La storia di Monica, dal lavoro in fabbrica a quello in ospedale per stare vicino a chi soffre
Ricevere una diagnosi di cancro è oggi purtroppo uno dei più frequenti eventi psicotraumatici a cui si può andare incontro, in grado di sconvolgere l’equilibrio mentale di una persona la quale viene colpita dalla sensazione di completa vulnerabilità e perdita di controllo sulla propria vita. Il fantasma della morte, presente in ciascuno di noi e tenuto – più o meno bene – sotto controllo, diventa assolutamente totalizzante, polarizzando e contemporaneamente paralizzando tutta la nostra vita.
Questo è il vissuto che deve aver inizialmente sperimentato Monica, padovana 49enne, quando, ad un solo mese di distanza dalla morte del padre per un tumore epatico, le è stato diagnosticato un cancro al seno. Aveva 35 anni.
“Ad agosto mio padre è mancato per un carcinoma epatico ed esattamente un mese più tardi anche a me è stato diagnosticato un cancro al seno. L’ho scoperto facendo la doccia e, senza dire niente a nessuno, ho prenotato un’ecografia più mammografia. E ho aspettato.”
La malattia mi ha dato la forza di diventare quello che volevo essere
Ma l’operaia di allora, insieme all’ombra minacciosa di quel terribile fantasma sperimenta dentro di sé un raggio di luce.
“I miei capelli biondi li ho tagliati cortissimi prima che cadessero per la chemio e ho cominciato a gonfiarmi fino a prendere quasi venti chili. Stavo malissimo con me stessa e con la gente, il mio paese è piccolo e la gente mormora. Dopo un iniziale sconforto ho sentito, però, dentro di me una forza nuova e ho smesso di farmi domande del tipo “Ma perché a me?”, “Cosa ho fatto per meritarmi questo?”.
Ho improvvisamente aperto gli occhi e ho visto tutto sotto una luce nuova. Ho guardato la malattia non come un ostacolo che limita ma come un segnale che il mio corpo e la mia mente mi hanno mandato per dirmi che c’era qualcosa da cambiare nella mia vita, che dovevo fermarmi e riflettere. Mi sono ricordata che avevo lasciato da parte le mie ambizioni di giovane studentessa, e in quel momento della malattia ho capito che ciò non andava assolutamente bene.
Si licenzia dalla fabbrica e ricomincia a studiare
Dopo l’intervento chirurgico è costretta ad affrontare chemio e radioterapia, ma non si lascia prendere dallo sconforto, anzi, reagisce come mai avrebbe immaginato prima della malattia. Lascia il suo lavoro da operaia in fabbrica e ricomincia a studiare quello che aveva desiderato da giovane, frequentando un corso per operatore socio-sanitario e diplomandosi in tecnico dei servizi sociali alla scuola serale.
“Pensate che la mia mamma mi interrogava in auto mentre andavo a fare la radioterapia. Non ci crederete – si confida Monica – ma è stato un periodo stupendo. Il cancro mi ha dato la forza per diventare quella che volevo essere e che avevo chiuso per tanti anni in un cassetto”.
Il tumore alla tiroide
Ma un’altra amara “sorpresa” attendeva Monica: la diagnosi di un secondo cancro, alla tiroide questa volta, a cui reagisce con la stessa forza e lucidità di prima sottoponendosi ad un intervento risolutore. Monica racconta: “Ora lavoro a tempo pieno, in rianimazione, all’Ospedale dell’Immacolata Concezione di Piove di Sacco, nel padovano. Tutti i giorni sono a contatto con la malattia, il dolore, la disabilità ma cerco di portare speranza con il mio esempio e il mio semplice sorriso. Quello che ho ricevuto dagli altri quand’ero malata, adesso lo voglio ritrasmettere a mia volta, senza chiedere nulla in cambio, con semplicità e affettuosa gratuità.”
Una donna coraggiosa, che dopo due mali così tremendi, è rimasta salda nella speranza contro ogni speranza, e oggi dona il suo sostegno e la sua viva testimonianza ai malati del reparto dove lavora.
Purtroppo non ho avuto figli ma i miei 6 nipoti sono le mie migliori medicine
“Il rimpianto più grande è di non aver avuto figli, ma ho ben 6 nipoti che io dico sempre essere le mie medicine, perché più indispensabili dei farmaci e delle terapie. Sempre l’amore salva. Ora sono serena, la mia vita è cambiata, sento di essere una persona migliore. Ho capito che bisogna aggiungere vita ai giorni poiché non ci è dato aggiungere giorni alla vita. Dal tumore alla mammella quest’anno mi hanno dichiarato guarita mentre, per il tumore tiroideo, devo ancora sottopormi a controlli periodici. Ma io tutte le mattine quando mi alzo sorrido perché sono viva, sono qua e non ho più paura del cancro”.
Monica non è madre eppure la sua è una storia di fecondità: quella di una donna che dopo aver sofferto tanto e aver fatto i conti con il dolore che scava e svuota, è oggi sempre pronta a farsi mamma di tutti quelli che incontra nel reparto forse più difficile, quello della rianimazione. E lì dona tutta sé stessa, perché proprio come ha ben detto, “Sempre – e solo – l’amore salva”.
Ilaria. Ho un cancro al seno e penso: “Perché proprio a me?”, poi guardo la mia bimba e dico “Avanti tutta, sempre!”
La testimonianza di una donna che scopre nella malattia una seconda possibilità per vivere una vita più vera.
L’esperienza della malattia è terribile: genera dolore, sofferenza, paura, un senso di smarrimento e impotenza. Immediatamente una domanda invade la mente: “E ora? Morirò?”. Questi sono i sentimenti che ha provato Ilaria quando nel mese di luglio, con la mente che già pregustava le ferie, ha scoperto di avere un doppio cancro, uno al seno destro e uno a quello sinistro.
Ho appena fatto prevenzione, non sarà nulla
“Un giorno di inizio estate … sole, caldo, aria di ferie … io, mamma e avvocato, andavo verso l’ospedale con la musica a palla in auto, pensando tra me e me: “Cosa vuoi che sia mai questo nodulino che ho sentito ieri sul mio seno … ho appena fatto prevenzione … non può essere nulla …”.
E invece Ilaria scopre di essere malata e di dover togliere entrambi i seni perché … “lei è giovane, non possiamo rischiare ricadute”
Quando si scopre di essere malati si hanno due possibilità
Nella sua testimonianza, questa giovane donna racconta di aver pensato, in quel momento, che si aprivano due strade: da un lato quella dello sconforto e dall’altro la via del coraggio, quella che Ilaria ha scelto di percorrere. E lo racconta con parole forti, sincere, senza fronzoli, così come lo avrà pensato in quel momento di rabbia e paura: tirare fuori gli attributi.
“In questi momenti della vita hai due possibilità: cadere nello sconforto con quella stupida domanda che troppo spesso sento dire da chi è in difficoltà: “Perché a me?” o tirare fuori gli attributi. Io ho subito pensato che la vita volesse mettermi alla prova per vedere se li avevo e ho scelto di dimostrarlo”.
“Così ho potuto godere dei lati positivi che la malattia può darti”
Dopo aver preso la decisione di lottare con le unghie Ilaria, mamma di una bellissima bambina, sottolinea come sia riuscita a trarre vantaggio dai lati positivi che la malattia le ha offerto. Ha sviluppato così uno sguardo attento e grato nei confronti di chi si prendeva cura di lei, degli specialisti e degli operatori sanitari che l’hanno accolta e curata con grande umanità.
“Ed è così che ho potuto godere – ripeto, godere – di tutti i lati positivi che anche la malattia può darti. Ho conosciuto un medico, il primario del Centro Senologico e della Breast Unit, che lavora per missione, con un’umanità travolgente. Ho conosciuto medici ed infermieri che si sforzano di imparare in fretta il tuo nome così alla visita successiva possono dirti: «Prego Ilaria, vieni con noi!»”.
Il lusso di fermarmi ad annusare il profumo dell’erba
Una scelta, quella di combattere, vincente in ogni caso, perché ha permesso a Ilaria di non sprecare il tempo della malattia a maledire la vita, ma le ha donato un’occasione nuova per “godere”, come racconta e ci tiene a sottolineare, “dei doni belli e preziosi, ogni giorno”. E non solo, mamma Ilaria in questa condizione ha compreso quali fossero le persone che le volevano davvero bene e ha riconquistato un ritmo di vita più sano, senza le corse frenetiche a cui il tran tran quotidiano, zeppo di impegni, costringe.
“Ho capito che mentre tutti corrono, dove neppure loro sanno, fermarsi ad annusare il profumo dell’erba appena tagliata – inconfondibile, da bambina mi ricordava che stava arrivando l’estate – è magico, bellissimo, unico. Io già prima della malattia vivevo alla giornata, ora vivo all’istante”.
La malattia non è una punizione ma una seconda occasione
Ilaria avrà sicuramente vissuto giorni grigi e momenti di abbattimento ma non si è mai lasciata andare perché la malattia può essere una nuova occasione per vivere ed amare.
“Allora poi ti chiedi perché il destino ha voluto dare proprio a te questa lezione, ma rifletti e capisci subito che non è una lezione, è una seconda possibilità. E così migliori la qualità della tua vita, dei tuoi affetti, delle tue azioni e capisci che non ti è stato tolto niente se non fisicamente”.
Nonostante i temporali la vita è bellissima
Chi le ha dato la forza di combattere e la speranza di potercela fare? La sua bambina. Grazie a lei, Ilaria è una mamma che ama la vita anche nelle giornate uggiose, di “pioggia”. E poi sotto l’ombrello si può stare ancora più vicine!
“Sono ai primi sei mesi di follow-up e guardo la mia bambina negli occhi e mi dico: “Per lei, avanti tutta, sempre!” perché la vita, anche con i suoi temporali inaspettati, anche con le battaglie che mai avresti creduto di dover combattere, rimane comunque BELLISSIMA!”.
Articoli con testimonianze
https://www.oncolife.it/in-prima-linea/la-storia-di-lidia-tra-gioie-e-dolori/
https://www.oncolife.it/e-vero-che/come-stare-vicino-ad-un-amico-che-ha-il-cancro/
https://www.oncolife.it/e-vero-che/la-vita-dopo-il-cancro/
https://www.oncolife.it/in-prima-linea/apic-associazione-in-aiuto-ai-malati-di-colangiocarcinoma/
Fonti
https://it.aleteia.org/2020/02/18/monica-bergantin-tumore-lavorare-ospedale-rianimazione/
https://it.aleteia.org/2021/10/27/tumore-seno-5-storie-donne-vinto-battaglia-ottobre-prevenzione/
https://malattiaopportunita.corriere.it/2018/09/16/1247/