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La storia di Lidia: tra gioie e dolori

Ho conosciuto Filomena in un momento dolorosissimo della sua vita. Nonostante tutto nel tono della sua voce e nel suo modo di esprimersi si percepisce la Donna che è: vivace, ottimista e che non si arrende mai. Per anni è stata al fianco di sua mamma accompagnandola nella malattia e purtroppo anche nella morte annullandosi per un bene che ha ritenuto più grande: la serenità e l’aiuto nella lotta contro il cancro della madre Lidia.

Per questo motivo ho deciso di raccontarvi la loro storia

Quando è iniziata la malattia di tua mamma?

I problemi sono iniziati nel 2003 e sono continuati fino a marzo 2022. Il medico che l’ha seguita negli ultimi anni mi ha detto che il calo dell’efficienza del suo sistema immunitario e l’esposizione continua alle malattie è come se denunciassero una scarsa attenzione a sé stessi. Questo non perché non si volesse bene ma perché la mamma si è sempre preoccupata più del benessere degli altri che del suo. Tanto è vero che uno dei suoi medici un giorno le aveva detto che doveva pensare più a sé stessa e le aveva consigliato, una volta ogni 15 giorni, di andare al mercato e di comprare dei piatti che poi avrebbe dovuto rompere buttandoli contro il muro una volta tornata a casa. Se qualcuno avesse avuto qualcosa da ridire doveva rispondere che era un ordine del medico. L’ha fatto solo una volta e forse ha fatto male a non ripeterlo.

Filomena vuoi raccontarci la sua storia?

Mamma si è sposata prestissimo a 16 anni, troppo giovane per farlo in modo consapevole. Un anno dopo sono arrivata io. Un grande amore ma come succede spesso in così giovane età quando si cresce si cambia e lei spesso si è ritrovata a vivere un legame problematico, caratterizzato da divergenze che non le hanno garantito la serenità che desiderava.

I miei genitori sono sicuramente delle bravissime persone ma forse entrambi troppo ostinati e non capaci di raggiungere compromessi, fattore questo che chiaramente ha un po’ avvelenato il clima famigliare anche a noi figli, siamo tre fratelli, anche se non è mai venuto meno il valore dell’unione matrimoniale.

Ma partiamo dall’inizio. Mamma già nel 2003 ha avuto un tumore al seno con relativa operazione e radioterapia. Sembrava tutto superato perché non ha avuto nessuna metastasi né recidiva.

Nel 2007 ha scoperto di avere l’epatite C. Quindi ha dovuto fare una cura con l’interferone, che ha funzionato. La malattia è stata debellata anche se il farmaco ha lasciato degli strascichi sulla sua salute per la sua tossicità.

Poi è arrivata la mia malattia, un tumore al cervello. Il mio è stato un percorso complesso, che l’ha destabilizzata molto, così come ha sconvolto la vita dell’intero nucleo familiare: quelli dal 2010 al 2015 non sono stati anni facilissimi per le gravi conseguenze seguite all’intervento ed i danni con esso riportati.

Nel 2017 mamma ha iniziato ad avere notevoli perdite di sangue quando andava in bagno. Lei le aveva attribuite ad emorroidi. Ma la colonscopia ha purtroppo evidenziato un tumore al colon sigma da operare nell’immediato.

Operazione eseguita a Napoli. Il suo terrore era da sempre la chemioterapia, perché aveva paura di perdere i capelli. Non si concentrava tanto sugli effetti collaterali della terapia ma sulla perdita dei capelli.

Fortunatamente i linfonodi sentinella erano negativi così non le è stata prescritta.

Un anno e mezzo dopo purtroppo la tac ha evidenziato una metastasi al fegato, chiara recidiva del tumore primario al colon.

Abbiamo sperato si potesse fare un’ablazione ma non è stato possibile data l’aderenza della metastasi alle pareti dello stomaco. Quindi la necessità di un altro intervento. E’ stato quello il momento in cui mamma ha mostrato di essere un po’ arrabbiata con la vita, che continuava a porle tanti ostacoli, e ora le ripresentava un altro tumore… Ha finalmente comprato i famosi piatti e li ha lanciati contro le pareti.

Il dubbio era che ci fossero altre metastasi e da qui è cominciato il calvario. E’ stata ricoverata una settimana in ospedale per fare tutti gli esami necessari a scongiurare il pericolo. Fortunatamente non ne sono state trovate altre. Durante l’ultimo giorno di degenza mamma ad un’ora dall’incontro con l’oncologo si è rifiutata di vederlo ed è scappata dall’ospedale.

E’ stato lì che abbiamo capito che mamma stava patendo in modo molto profondo questo nuovo sviluppo della malattia.

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Dove farsi operare e da chi?

Anche questa è stata una scelta molto sofferta perché voleva restare vicino casa e nell’ospedale specializzato in epatologia non si era trovata a suo agio. Ha deciso così di tornare a farsi operare in quello dove aveva subito il primo intervento anche se non vi era un reparto di epatologia specifico. Ma lì ormai la conoscevano tutti, così ha potuto persino “patteggiare” per non andare nuovamente in terapia intensiva dopo l’intervento.

Cosa vuol dire? Com’è andato l’intervento?

Deve sapere che mia mamma aveva una gran paura del reparto di terapia intensiva perché confondeva la terapia intensiva con la rianimazione, che per lei era l’anticamera della morte. Questo perché dopo il mio intervento sono stata trasferita in rianimazione, dove sono rimasta per tre giorni tra la vita e la morte, ed è stato un grosso trauma per la mia famiglia.

Così quando dopo l’intervento si è svegliata in terapia intensiva l’ha vissuta malissimo con continue crisi. Tanto è vero che mi hanno concesso di starle accanto durante la notte per cercare di farla stare più tranquilla.

Purtroppo gli esami post-intervento che avrebbero dovuto determinare quale terapia fosse la più indicata per la mamma sono arrivati in ritardo, dopo parecchi mesi, e questo ha giocato a nostro sfavore.

I risultati tra l’altro hanno decretato che lei non poteva essere sottoposta al protocollo di immunoterapia ipotizzato.

A distanza di soli 5 mesi dall’intervento con i nuovi controlli abbiamo scoperto che il fegato era pieno di metastasi.

Quello era un periodo fantastico per mamma, perché fatto il secondo intervento sembrava che tutto andasse bene e così mia sorella aveva deciso di sposarsi. Per lei finalmente un evento straordinario nella sua vita perché quando si sposa una figlia ci sono tantissime cose a cui pensare.

A giugno in onore di questa seconda guarigione abbiamo cominciato ad organizzare il matrimonio di mia sorella. Perciò a settembre quando sono andata a ritirare gli esami è stata una doccia fredda: adenocarcinoma quarto stadio, recidiva di tumore al colon retto.

Lei cosa ha fatto?

Mi sono sentita in dovere di creare una cabina di regia. Lei era in un periodo particolarmente felice e io non volevo per nessun motivo turbare quella felicità. Era la prima volta che la vedevo serena e a quel punto mi sono detta che era meglio non dire nulla a nessuno, nemmeno a mia sorella, che avrebbe sicuramente annullato tutti i preparativi per il matrimonio.

Sono andata a Milano con la sua documentazione per diversi consulti ma la sentenza è stata inesorabile. A quel punto non c’era più nulla da fare se non la chemioterapia che avevamo ritardato.

Sono tornata a casa e ho nascosto tutto a tutti.

Ho chiesto al reparto di oncologia cosa fare e li ho pregati di fare squadra con me.

Cosa è successo?

Non è stato facile. Non è facile sottoporre una paziente ad un trattamento di chemioterapia senza dirle cosa sta succedendo.

Alla fine ce l’abbiamo fatta. Le abbiamo raccontato una sorta di favola dicendole che anche se i controlli erano andati benino erano state trovate delle cisti in attività metabolica per cui era consigliabile iniziare un po’ di chemioterapia leggera per tenerle a bada.

Chiaramente le abbiamo evitato il percorso psicologico all’interno del reparto di oncologia perchè avrebbe capito la sua situazione.

La sua prima domanda è stata relativa alla caduta dei capelli, tuttavia ha reagito abbastanza bene.

La più traumatizzata ero io che mi sono presa l’onere e la responsabilità di non dire nulla a nessuno per non aggiungere sofferenza alla sofferenza soprattutto in un momento per lei magico.

Così i preparativi del matrimonio sono continuati, io ero un po’ in difficoltà e non partecipavo attivamente tanto è vero che per un attimo hanno pensato che fossi gelosa del matrimonio di mia sorella. Invece ero occupata a falsificare referti per la mia famiglia per non farli preoccupare.

Con gli oncologi avevamo deciso di fare solo una seduta di chemioterapia prima del matrimonio e io mi sentivo tremendamente in colpa per il segreto che custodivo.

Credo sia stata una delle sensazioni peggiori che ho provato nella mia vita.

Purtroppo gli effetti collaterali sono stati pesanti già dalla prima somministrazione.

Finalmente siamo arrivati al giorno del matrimonio.

Lei era raggiante nonostante tutto.

E’ stato un giorno bellissimo e vedere mia mamma e mia sorella così felici mi ha ripagato di tutto. Ha decretato il successo dell’impresa.

Una responsabilità del genere è stata d’impulso, ma veramente difficile da portare avanti soprattutto con un paziente con una patologia in stato avanzato.

Cosa è successo dopo il matrimonio?

Siamo tornati sulla terra alla realtà. Era il 2020. Ho deciso di spiegare la situazione a mia sorella a fine gennaio dopo il viaggio di nozze. Chiaramente la reazione è stata pesante ma era giusto che a questo punto mi aiutasse perché le cose diventavano sempre più difficili.

Abbiamo deciso tutti di non dirle nulla perché visti gli effetti collaterali della chemioterapia l’avrebbe interrotta e si sarebbe lasciata andare.

Il 2020 è trascorso tra terapie ed effetti collaterali.

La patologia aveva un andamento altalenante…

A fine 2020 ho chiesto un nuovo consulto perché il fegato con la chemio aveva sofferto troppo.

Siamo andati avanti ma lei ha continuato a peggiorare. Così ho chiesto un consulto all’epatologo che le aveva curato l’epatite. Dopo un crollo vertebrale abbiamo interrotto la chemio, per regalarle una migliore qualità di vita, e fatto una terapia detossificante

A lei abbiamo detto che stava bene ma aveva risentito molto degli effetti collaterali. Inoltre la vertebra schiacciata le dava molti dolori.

I markers tumorali sono aumentati nuovamente, le metastasi avevano raggiunto anche i polmoni e allora i medici hanno deciso di ricominciare la chemioterapia, provando un’ultima linea disponibile, prima esclusa perché tra i suoi effetti collaterali vi era nota la tossicità midollare.

Prima dell’inizio della nuova cura è stato deciso di farle fare il vaccino nonostante il parere contrario dell’epatologo per poterle far fare una vita con un po’ più di socialità.

Si è vaccinata, si sono manifestati i primi segni di una trombosi e con la chemio ha avuto un calo significativo di emoglobina per cui è stata necessaria una trasfusione. Dopo qualche giorno è risultata positiva al Covid. La sua quarantena è durata più di un mese. E da quel momento è iniziata la sua involuzione: è arrivata la tanto temuta cachessia tumorale, il processo che sigla l’inizio della degenerazione del paziente, caratterizzato da forte dimagrimento, mancanza di forze, mancanza di appetito e degenerazione muscolare.

Diventava sempre più difficile riuscire a nasconderle il suo reale stato di salute.

Nonostante tutto con il nostro amore, le nostre cure e con l’aiuto di alcuni integratori, siamo riusciti a farla stare meglio e farle riprendere un po’ di peso pur sapendo che ormai il decorso della sua malattia non poteva più essere fermato e che la degenerazione era inesorabile.

Il professor Bizzarri

Il nostro epatologo, a questo punto, ci ha mandato a Roma, da un noto oncologo ricercatore dell’Università La Sapienza, il Prof Bizzarri, che dopo un’approfondita analisi ci ha chiarito molti punti oscuri e le ha prescritto il Synchro Levels. Quel giorno, mentre ero a Roma, felice di aver intravisto nuovamente uno spiraglio di luce, ho ricevuto la notizia che la mamma, uscendo di casa, era caduta, e si era fratturata una spalla. Quello è stato un altro dei momenti più difficili della mia vita: ho provato quasi un rifiuto e non sarei voluta tornare a casa, mai più.

Purtroppo la verità è che la chemio su mia madre non ha funzionato. Con il prof Bizzarri abbiamo discusso di tantissime cose, anche degli effetti collaterali delle terapie convenzionali, alle quali andrebbero sempre affiancati degli integratori capaci di compensare i danni di farmaci così potenti: esistono delle linee guida da seguire, persino relative alla nutrizione. Lo stesso Direttore della Nutrizione ASL, visto qualche giorno prima durante la fase del dimagrimento di mamma, aveva contestato la mancata applicazione delle linee guida da lui stesso stilate per i pazienti oncologici in fase chemioterapica.

Un evento positivo si è finalmente verificato: quando ha iniziato ad assumere il Synchro Levels è migliorata tantissimo, premesso che settembre è stato un mese difficilissimo, ed ha persino ricominciato a mangiare, riprendendo peso.

Dopo un mese di Synchro Levels c’è stato anche un miglioramento dei markers tumorali: i valori si sono nuovamente abbassati.

Sembrava che la malattia fosse sotto controllo.

L’unico integratore che non rifiutava era il Synchro Levels, gli altri, prescritti dal Prof. Bizzarri che ne seguiva l’andamento, costantemente aggiornato, non riuscivamo a somministrarglieli, compresi i farmaci galenici.

Ottobre e novembre 2022 sono stati due mesi fantastici.

Purtroppo a fine novembre è arrivata un’altra doccia gelata. Le metastasi ai polmoni erano in aumento e la mamma ha iniziato di nuovo a peggiorare.

A quel punto ha smesso di prendere qualsiasi cosa.

Non aveva più voglia di lottare sebbene non avesse la consapevolezza della malattia che avanzava.

A febbraio un peggioramento inatteso visibile: stava cominciando a diventare gialla. Non ci è voluto molto a capire che quello era un chiaro segnale che il fegato non stava funzionando, l’ittero ne era la testimonianza. 

Abbiamo avuto qualche difficoltà a fare i controlli necessari, lei aveva cominciato a lasciarsi andare. Solo dopo abbiamo capito che una lieve encefalopatia epatica, già in corso da qualche tempo, era stata condizionante. Lei non reagiva più. Ai controlli la sentenza agghiacciante: 4 vie biliari erano ostruite, la lieve trombosi della vena porta diagnosticata a dicembre era aumentata, il suo fegato, per metà, non stava funzionando. 

Non abbiamo avuto il tempo per fare nulla. Mentre gli specialisti verificavano la fattibilità di applicare uno stent o di drenarle l’accumulo di bile quella bile maledetta stava raggiungendo il cervello, immobilizzandola ogni ora di più, togliendole ogni capacità di intendere, non parlava più. La sua ultima settimana è stata la peggiore della sua vita, e della nostra.

Un barlume di lucidità rimastole deve averla straziata quando ha visto che non era più in grado di alzarsi, andare in bagno, persino ingoiare. Non avremmo mai voluto ledere in questo modo la sua dignità. Io ho cercato fino alla fine di farle sentire il suo corpo, caricandomela sulle spalle per farla camminare, facendola in qualche modo mangiare, e persino assumere almeno solo il Synchro Levels. Poi un blocco renale. E’ bastato un catetere, la fuoriuscita di qualche litro di liquidi accumulato e la sua pressione è andata a picco. Dopo qualche ora il cuore le si è fermato. Il coma epatico ha segnato la sua fine.

Non ha mai scoperto la verità, e di questo sono felice, perché per la donna che era avrebbe smesso di lottare da tempo. Era stanca della malattia che la perseguitava da anni, era stanca di soffrire. Io non so se sia stato giusto mentire e costringerla a lottare fino in fondo senza la consapevolezza del suo stato, ma aver “ingoiato” la sua sofferenza ha fatto sì che soffrisse solo un mese rispetto a quanto avrebbe sofferto anche solo mentalmente sapendo di essere gravemente malata.

Farmacista formulatore
Farmacista formulatore, giornalista

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