Una relazione pericolosa a doppio senso. E’ il legame che unisce il cancro alla trombosi, cioè la formazione di coaguli che bloccano la circolazione del sangue nelle vene potendo avere conseguenze drammatiche.
Le persone affette da tumore presentano un rischio superiore al normale di sviluppare un coagulo venoso responsabile di una trombosi venosa profonda nelle gambe o di una embolia polmonare e, inoltre, i pazienti oncologici che hanno già avuto un precedente episodio di trombosi hanno una maggiore probabilità di recidiva di questo fenomeno. Ma è vero anche il contrario: le persone che hanno una trombosi venosa per cause sconosciute (cosiddetta trombosi idiopatica) vanno incontro a un aumentato rischio di sviluppare un tumore fino a un anno dopo l’evento trombotico. In più, la trombosi venosa profonda può essere il primo campanello d’allarme di un tumore presente in una fase molto iniziale e per questo si definisce trombosi “sentinella”.
Un fenomeno frequente
L’associazione fra trombosi e cancro, indicata con l’acronimo CAT, cioè trombosi associata a cancro, è una relazione davvero pericolosa, perché i coaguli di sangue sono la seconda causa più comune di decesso prevenibile nei pazienti con tumore, subito dopo le infezioni, ed è anche un evento frequente.
I dati epidemiologici mostrano quanto sia diffuso questo fenomeno. Se nella popolazione generale l’incidenza annuale di una trombosi venosa è di 117 casi ogni 100.000 abitanti, tra le persone affette da un cancro il rischio trombotico aumenta di quattro volte e nei pazienti che ricevono la chemioterapia il rischio è addirittura di sette volte più elevato. Eppure, nonostante queste numeriche, la presenza di una trombosi non è molte volte rilevata dai medici e non viene riferita dai pazienti. Serve dunque più attenzione.
I motivi dietro l’associazione tra cancro e trombosi
Ma perché il cancro facilita l’insorgenza di trombosi? Lo chiariscono gli specialisti dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) nelle ultime linee guida “Tromboembolismo venoso nei pazienti con tumori solidi”. «Le neoplasie facilitano la coagulazione del sangue perché le cellule tumorali producono alcune sostanze che attivano direttamente i fattori coinvolti nel processo coagulativo e altre sostanze che invece stimolano alcune cellule presenti nel sangue, come i monociti, le piastrine e le cellule endoteliali, a produrre a loro volta molecole implicate nel complesso meccanismo della coagulazione», spiegano gli esperti AIOM. Inoltre, un importante fattore per lo sviluppo della trombosi è rappresentato da un lento scorrimento o addirittura dal ristagno del sangue nelle vene. Questo è un problema frequente nelle persone che devono restare per lungo periodo a letto a causa di una malattia, come può avvenire nei pazienti con tumore ricoverati per un intervento chirurgico.
Una massa tumorale può, poi, determinare la compressione dei vasi sanguigni provocando così il rallentamento o la stasi del sangue. Ma non solo. «Alcune terapie farmacologiche antitumorali, come quelle basate su certi farmaci impiegati nella chemioterapia tradizionale, nella terapia ormonale, in quella antiangiogenica e su alcuni farmaci biologici, sono associate, soprattutto nelle terapie di combinazione, a una più elevata probabilità di trombosi», ricordano gli oncologi nel documento AIOM. Va anche ricordato che determinati tipi di tumore presentano un aumentato rischio di CAT, come ad esempio i tumori gastrointestinali, del polmone, del cervello, della mammella e dell’ovaio, nonché alcuni tumori del sangue come leucemie e linfomi. Infine, uno stadio avanzato del tumore può aumentare il rischio di formazione di un coagulo venoso.
Come evitare la trombosi in presenza di un cancro
La parola d’ordine per evitare l’insorgenza di una trombosi in chi sia affetto da una neoplasia è “prevenzione”. Una strategia di profilassi viene raccomandata in base al livello di rischio di trombosi corso da ciascun paziente con cancro, che dipende dal tipo di trattamento, dallo stadio e dalla tipologia del tumore e dalla presenza di altri fattori di rischio di trombosi.
Nei pazienti ad alto rischio come quelli ospedalizzati per intervento chirurgico oncologico o per una malattia che prevede una permanenza a letto prolungata, in genere si raccomanda una prevenzione farmacologica con terapie anticoagulanti ed eventualmente anche una terapia compressiva con uso di calze elastiche.
Nei pazienti non ricoverati ma a rischio di trombosi perché in terapia con alcuni farmaci antitumorali, gli esperti suggeriscono di prendere in considerazione una profilassi con farmaci anticoagulanti.
Nei pazienti che hanno una trombosi idiopatica ma non un cancro diagnosticato, gli oncologi suggeriscono di tenere sotto controllo queste persone con esami come quelli del sangue, una radiografia del torace ed una mammografia nelle donne, a cui eventualmente associare una ecografia addomino-pelvica. In questo modo è possibile diagnosticare precocemente la comparsa di un tumore.
Comunque, tutte le persone affette da un cancro dovrebbero consultare rapidamente il proprio medico se compare uno qualsiasi dei seguenti sintomi che indicano una trombosi venosa profonda:
- Gonfiore ai piedi, alle caviglie, alle gambe o alle braccia, in particolare se compare solo su un lato
- Dolore, crampi o indolenzimento, spesso nel polpaccio
- Rossore o scolorimento visibile della pelle delle gambe o delle braccia
- Sensazione di calore o pesantezza alla gamba
Bisogna invece richiedere l’immediato intervento di un’ambulanza se sono presenti i seguenti sintomi indicativi di embolia polmonare:
- Senso di stordimento/vertigini
- Mancanza di respiro inspiegata
- Battito cardiaco irregolare
- Dolore al petto (specialmente durante i respiri profondi)
- Tosse con sangue
Fonti:
AIOM Linee guida “Tromboembolismo Venoso Nei Pazienti Con Tumori Solidi”. Edizione 2021.
Di Nisio M. Terapia del tromboembolismo venoso associato al cancro. G Ital Cardiol 2018;19(9 Suppl 1):7S-12S.
Trombosi e Cancro. Un Update Delle Conoscenze. Tumori Journal. 2006;92(5):23-41.