In prima lineaNovità dalla ricerca

Immunità e cancro: le difese naturali dell’organismo sono fondamentali contro i tumori

Immunoterapia del cancro di origine infettiva: un nuovo approccio

Grazie all’immunoterapia, la risposta naturale dell’or­ganismo produce la forza immunitaria necessaria per superare l’aggressività del tumore. Mentre le cellule tumorali attuano varie strategie per evitare la sorveglianza immunologica, l’immunoterapia mira, al contrario, a riattivare la capacità del nostro sistema immunitario di riconoscere ed eliminare le cellule trasformate.

Tra le varie armi a disposizione dell’organismo umano non ci sono solo i globuli bianchi, in particolare con le sottopopolazioni di linfociti T e B,  ma anche i monoclonali e le citochine. I primi sono anticorpi capaci di legarsi ad un solo specifico antigene per neutralizzarlo, impiegati nelle cosiddette target-therapies, ossia le terapie mirate contro il bersaglio rappresentato dalle cellule neoplastiche, mentre le seconde, le citochine, agiscono come dei segnali biochimici di importanza fondamentale nella comunicazione tra le cellule del sistema immunitario, e tra il sistema immunitario e gli altri organi e tessuti corporei. Alcune di queste ultime sono state introdotte nel trattamento di diverse forme di tumore tra cui quelle della pelle.

Vediamo l’impiego dell’immunoterapia sia nella ricerca di base che nella pratica clinica.

 

Le ricerche sull’immunoterapia in Humanitas

Il professore Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto Humanitas di Rozzano e docente di Humanitas University, sta coordinando un importante progetto, attuato in diversi ospedali italiani, su immunità innata e cancro, con terapie cellulari molto promettenti per pazienti colpiti da leucemie e linfomi.

“L’immunoncologia e le ricerche su immunità e tumori sono la frontiera della lotta contro il cancro”, ha affermato il professore. “Lo scopo è impiegare le cellule del sistema immunitario, istruendole per eliminare il tumore. Questo si può fare rieducando i “soldati” del sistema immunitario, ovvero i linfociti T, armandoli opportunamente per combattere contro le cellule tumorali. Diversi studi si stanno occupando dell’argomento, tra questi quello pubblicato dal mio gruppo di ricerca sulla rivista Science Translational Medicine, sulla memoria del sistema immunitario contro il cancro”.

La ricerca sull’immunoterapia è di casa in Humanitas grazie anche al lavoro del ricercatore Enrico Lugli, il quale ha identificato una popolazione cellulare unica della memoria immunologica, e che è in fase di trasferimento dalla sperimentazione in laboratorio al settore clinico oncologico.

 

L’acido acetilsalicilico rende l’immunoterapia più efficace

L’immunoterapia per il cancro sta trovando nell’acido acetilsalicilico un valido alleato.

Il farmaco antiinfiammatorio più usato al mondo è  in grado, infatti, di aiutare il sistema immunitario a riconoscere e aggredire il tumore se il paziente è sottoposto a immunoterapia. Così hanno scoperto alcuni ricercatori del londinese Francis Crick Institute, in un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista Cell.

I ricercatori anglosassoni si sono concentrati su tre tipi di tumore: il melanoma, quello al colon-retto e il tumore al seno, notando come, in tutti i casi esaminati, le cellule neoplastiche producessero una grande quantità di prostaglandina E2. Questa molecola neutralizzerebbe la fisiologica risposta immunitaria: il tumore, in altre parole, sfuggirebbe in questo modo al sistema immunitario. E’ comunque noto da tempo che l’acido acetilsalicilico è in grado di far diminuire drasticamente la produzione di prostaglandina E2. Questa proprietà ha quindi suggerito che l’azione combinata dell’acido acetilsalicilico e dell’immunoterapia permetterebbe al sistema immunitario di “risvegliarsi” e reagire efficacemente contro le cellule tumorali.

L’effetto di immunoterapia e acido acetilsalicilico è stato quindi testato su numerosi modelli sperimentali con risultati positivi nel rallentamento della crescita neoplastica.

Nuove evidenze indicano che i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), come l’acido acetilsalicilico, potenziano l’efficacia dell’immunoterapia contro i tumori”, spiega il professor Antonio Sica, direttore del Laboratorio di Immunologia molecolare dell’Istituto Humanitas di Rozzano. “L’infiammazione acuta, indotta da eventi dannosi (chimici, fisici o biologici), stimola delle  risposte tissutali capaci di eliminare l’agente lesivo e promuovere così la riparazione o sostituzione del tessuto danneggiato. La sua persistenza sotto forma di infiammazione cronica, provoca invece danni e fibrosi nel tessuto interessato, e ciò rappresenta uno dei maggiori fattori promuoventi lo sviluppo tumorale. Questa evidenza ha suggerito il potenziale utilizzo di farmaci antinfiammatori nella terapia del cancro.

Il meccanismo d’azione dei farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS)

Questi farmaci, fra cui l’acido acetilsalicilico, inibiscono l’attività degli enzimi ciclossigenasi (COX-1 e COX-2) che guidano la sintesi di importanti mediatori dell’infiammazione, come le prostaglandine. Gli autori hanno dimostrato che l’inibizione genetica e farmacologica delle ciclossigenasi riattiva l’immunità antitumorale inibendo la crescita neoplastica. Questa osservazione ha suggerito l’utilizzo di FANS come adiuvanti nell’immunoterapia contro i tumori”, sintetizza lo specialista oncologo.

Anche il magnesio aiuta il sistema immunitario contro il cancro e le infezioni 

C’è bisogno di una quantità sufficiente di magnesio nel sangue perché i linfociti T funzionino al meglio contro il cancro. Lo hanno scoperto i ricercatori svizzeri dell’Università di Basilea, i quali hanno individuato uno dei meccanismi con cui questo sale minerale, tra quelli che abbiamo più in abbondanza nel nostro organismo, riesce a modulare il sistema immunitario. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Cell, ha importanti ricadute per chi si occupa di immunoterapia e per gli stessi pazienti oncologici.

 

Dove si trova il magnesio?

Il magnesio è un sale minerale tra i più abbondanti nel nostro organismo. In un adulto ci sono tra i 20 e i 28 grammi di magnesio: il 50-60% è depositato nelle ossa, il 39% nei tessuti molli e l’1% nel sangue. È  un elemento che si ritrova in moltissimi alimenti, ma è particolarmente abbondante nei vegetali a foglia verde, nei cereali integrali, nei legumi, nella frutta secca e nelle banane, e più in generale negli alimenti ricchi di fibre. Da tempo Il magnesio è sotto la lente dei ricercatori perché diversi indizi suggeriscono che ci sia un’associazione tra questo elemento e il diminuito rischio di ammalarsi di diverse patologie tra cui le infezioni (per esempio l’influenza) e anche il cancro. È stato osservato, per esempio, che nei topi che seguono una dieta ad alto contenuto di magnesio i tumori si diffondono meno rapidamente rispetto a quelli sottoposti ad una dieta povera di questo minerale.

 

Magnesio e immunoterapie

 Il fatto che il magnesio sia essenziale per il funzionamento dei linfociti T può rivelarsi una scoperta molto significativa per le immunoterapie contro il cancro, sostengono gli autori dello studio.  Queste terapie infatti per attaccare le cellule tumorali mirano a mobilitare il sistema immunitario, in particolare le cellule T citotossiche. Attraverso modelli sperimentali, gli autori hanno dimostrato che la risposta immunitaria delle cellule T contro le cellule tumorali si rafforza quando aumenta la concentrazione locale di magnesio e, sulla base di ricerche precedenti condotte su pazienti oncologici, che le immunoterapie sono meno efficaci nei malati con insufficienti livelli di magnesio nel sangue. “Ora – dice Jonas Lötscher, postdoc all’Università di Basilea e autore principale della pubblicazione – stiamo pianificando studi prospettici per testare l’effetto clinico del magnesio come catalizzatore per il sistema immunitario“.

 

Tumore del rene, l’immunoterapia dopo l’intervento aumenta la sopravvivenza

Nei pazienti con un tumore del rene, l’immunoterapia con l’anticorpo monoclonale pembrolizumab, somministrato dopo la chirurgia, ha dimostrato di aumentare in modo significativo la sopravvivenza, riducendo il rischio di morte del 40%, rispetto a placebo, a distanza di oltre 4 anni. Dati importanti che arrivano dall’American Society of Clinical Oncology (ASCO), nel Cancers Symposium 2024, dove sono stati discussi in una presentazione orale.

 

Pembrolizumab nel tumore del rene: gli studi in corso

Il monoclonale pembrolizumab è già stato approvato come terapia adiuvante nei pazienti affetti da carcinoma renale negli Stati Uniti, nell’Unione Europea e in Giappone sulla base dei dati di sopravvivenza libera da malattia presentati per la prima volta all’ASCO Annual Meeting nel 2021.

MSD, l’azienda che produce il farmaco, sta attualmente collaborando con l’Organizzazione Mondiale della Sanità per includere i dati di sopravvivenza globale nelle informazioni di prescrizione del pembrolizumab. “I risultati positivi di sopravvivenza globale giungono a conferma dei dati di sopravvivenza libera da progressione che hanno supportato l’approvazione di pembrolizumab per questa indicazione in tutto il mondo – ricorda Marjorie Green, Vicepresidente senior e Direttore di oncologia della Merck Research LaboratoriesE’ il secondo studio di pembrolizumab che dimostra un beneficio significativo di sopravvivenza globale in uno stadio precoce di malattia, e questi nuovi risultati si aggiungono ai progressi che stiamo ottenendo negli stadi avanzati di malattia”. MSD ha un vasto programma di sviluppo clinico nel tumore al rene, sia in fase precoce che per la malattia avanzata, utilizzando pembrolizumab come monoterapia o in combinazione con i farmaci belzutifan, lenvatinib e quavonlimab. Sono inoltre in corso più di 25 studi multicentrici internazionali su altri tipi di tumore diversi da quello al rene.

A Siena il primo centro in Europa di immuno-oncologia

Si chiama CIO (Centro di Immuno-Oncologia) ed è la prima struttura in Europa interamente dedicata alla cura dei tumori con l’immunoterapia che unisce i ricercatori pre-clinici con quelli clinici in un’unica realtà operativa per dare vita a nuove strategie nella lotta contro il cancro.

 

I numeri del CIO

Attualmente il Centro di Immuno-Oncologia è dotato di un reparto clinico di Immunoterapia, un laboratorio traslazionale ottimizzato per svolgere tutte le attività indispensabili a supporto dei programmi di sperimentazione clinica, laboratori destinati alla ricerca pre-clinica e una sezione dedicata alle sperimentazioni di fase I/III. “Queste quattro realtà devono essere in costante comunicazione fra loro – spiega il prof. Michele Maio, Direttore del Centro di Immuno-Oncologia e dell’Unità Operativa Complessa di Immunoterapia Oncologica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese. Il CIO nasce dalla volontà di rendere sempre più competitivo a livello internazionale il programma di immunoterapia del cancro, voluto e sostenuto dalla Regione Toscana a Siena già a partire dal 2004 quando fu istituito il reparto di Immunoterapia Oncologica, il primo in Italia interamente dedicato al trattamento immunologico dei tumori. A regime il Centro, dove al momento lavorano oltre 40 persone tra oncologi, infermieri, psico-oncologi e nutrizionisti, occuperà una superficie complessiva di circa 1.250 metri quadri. Si prevede che al Centro afferiranno circa 3.000 nuovi pazienti all’anno e il 75% di quelli in terapia verrà inserito in studi clinici (negli Usa meno del 5% dei malati oncologici è incluso in sperimentazioni). Al momento sono attive presso il CIO circa 40 sperimentazioni di immunoterapia in tumori di tipo diverso, dagli studi di Fase I fino alle Fasi III. Infine, il 70% dei pazienti viene da altre regioni del nostro Paese e dall’estero”.

 

L’efficacia dell’immunoterapia

Quando nel 2004 fu istituito il reparto di Immunoterapia Oncologica a Siena, l’approccio terapeutico con l’immuno-oncologia era ancora agli albori. Oggi invece è una realtà consolidata e rappresenta il trattamento standard nel melanoma e nei tumori del polmone e del rene in fase avanzata.

Gli studi hanno dimostrato come l’immunoterapia sia in grado di migliorare non solo la sopravvivenza a lungo termine, ma anche la qualità di vita dei pazienti – prosegue Maio. Il 50% dei pazienti risponde, infatti,  all’immunoterapia. Vogliamo capire perché nell’altra metà questo approccio non risulti efficace ed aumentare quindi la percentuale di pazienti che rispondono alla terapia immunologica”.

 

Il ruolo dell’epigenetica

 Una delle vie più promettenti su cui il CIO è fortemente impegnato, oltre all’utilizzo di nuovi farmaci immunoterapici che stanno iniziando il loro sviluppo clinico nell’uomo, è rappresentata dall’epigenetica, con un progetto che nasce dai laboratori di ricerca del CIO e finanziato in parte dalla Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro.

La rivoluzione genomica ha permesso di realizzare l’identikit del tumore – spiega l’oncologo. Oggi i farmaci epigenetici ci consentono di indurre cambiamenti immunologici non solo della neoplasia ma anche del microambiente in cui il tumore vive. Infatti il microambiente tumorale si sta dimostrando fondamentale per l’efficacia dell’immunoterapia in quanto costituito da cellule in grado di rendere il tumore ‘irraggiungibile’ dal sistema immunitario stimolato dal trattamento con farmaci immunoterapici. L’obiettivo della combinazione delle terapie epigenetiche e immunoterapiche è proprio quello di aumentare la risposta immunitaria contro le cellule tumorali che sono state modificate dal trattamento con farmaci epigenetici per combattere meglio e in maniera più specifica la malattia”.

Lo studio NIBIT-M4

Proprio l’epigenetica è alla base dello studio NIBIT-M4 condotto dal CIO e sostenuto anche dalla Fondazione NIBIT, una Onlus creata nel 2012 e finalizzata allo sviluppo di studi no-profit mirati a portare in clinica terapie innovative.

L’arruolamento dei pazienti – afferma il prof. Maio, che è anche presidente della Fondazione –  è praticamente terminata e questa ricerca è stata disegnata per valutare, per la prima volta a livello mondiale, la combinazione di un farmaco immuno-oncologico, l’anticorpo monoclonale ipilimumab, con una molecola epigenetica, la guadecitabina, che agisce sul DNA delle cellule malate provocando modificazioni chimiche, nel trattamento del melanoma metastatico. Il farmaco epigenetico ‘smaschera’ alcune caratteristiche immunologiche delle cellule tumorali che diventano così riconoscibili e aggredibili da parte del sistema immunitario. I pazienti coinvolti saranno inoltre sottoposti ad una serie di biopsie per analizzare nel dettaglio i cambiamenti epigenetici, genotipici e fenotipici del tumore. L’idea alla base di questo studio è che, usando questa sequenza di farmaci, si possa ottenere un miglior controllo della malattia e, parallelamente, un sensibile aumento dei casi di guarigione”.

 

Fonti

https://www.humanitasalute.it/prima-pagina-ed-eventi/67573-immunita-cancro-sistema-immunitario-tumori-foto-parere-esperto/

https://www.repubblica.it/salute/dossier/oncoline/2022/01/19/news/magnesio_sistema_immunitario_tumori-334457107/ 

https://www.humanitasalute.it/prima-pagina-ed-eventi/67028-tumori-lacido-acetilsalicilico-per-rendere-limmunoterapia-piu-efficace/

https://www.repubblica.it/oncologia/terapie/2017/10/06/news/nasce_a_siena_il_primo_centro_in_europa_di_immuno-oncologia-177490344/

 

Le immagini pubblicate nel sito sono tratte da Google Image e Pexels.com selezionando esclusivamente quelle per cui è indicato esplicitamente l'assenza di diritti o la solo richiesta di Credit. Per cui riteniamo, in buona fede, che siano di pubblico dominio (nessun contrassegno del copyright) e quindi immediatamente utilizzabili. In caso contrario, sarà sufficiente contattarci all'indirizzo info@novalbit.com perché vengano immediatamente rimossi.