In prima lineaNovità dalla ricerca

L’Italia e le ultime importanti scoperte per sconfiggere il cancro

Italia protagonista nella ricerca sul cancro. Le ultime novità riguardano i tumori del colon, delle vie biliari, quelli gastrici e la leucemia linfoblastica acuta, che oggi si cura senza chemio.

Vediamo quali sono le ultimissime novità nell’offensiva della medicina contro il cancro.

1 – Nel microbiota un alleato del tumore del colon-retto

Partiamo da una recente scoperta di un gruppo di ricercatori dell’Università di Torino e dell’ IFOM di Milano – Istituto Fondazione di Oncologia molecolare –  per i quali, se alcuni tumori del colon-retto non rispondono alla chemioterapia, che rappresenta ancora oggi un’arma fondamentale per combatterli, è perché ci sono dei batteri intestinali che, “allenando” le cellule maligne, insegnano loro a resistere ai farmaci antitumorali.

Lo studio ha ottenuto la pubblicazione sulla rivista Cell Reports Medicine.

Articolo: Tolerance to colibactin correlates with homologous recombination proficiency and resistance to irinotecan in colorectal cancer cells – PubMed (nih.gov)

Oggi sono disponibili numerosi farmaci contro questa neoplasia, alcuni dei quali danneggiano il DNA delle cellule tumorali, sgretolandolo pezzo dopo pezzo finché il tumore rimane senza “istruzioni” e inesorabilmente regredisce. Spesso però questi medicinali colpiscono anche le cellule normali, causando effetti collaterali che possono precludere la prosecuzione del trattamento. Inoltre, non tutti i tumori intestinali rispondono fin dall’inizio e nello stesso modo alla terapia farmacologica. Da qui la scelta degli scienziati che hanno adottato un cambio di prospettiva innovativo: anziché concentrarsi solo sul tumore, si è preferito studiare ciò che lo circonda, il microambiente in cui i batteri, il cosiddetto microbiota che popola l’intestino, proliferano.

Lo studio, svolto grazie al sostegno di Fondazione Airc e di una borsa di studio dell’Ue, è stato coordinato dal prof. Alberto Bardelli, direttore scientifico di Ifom e docente Ordinario dell’Università di Torino: «Il microbiotaha spiegato – svolge molte funzioni importanti e positive per il nostro organismo, ma ci sono anche alcuni batteri che purtroppo promuovono lo sviluppo del cancro. In particolare, una tossina batterica, la colibactina, è stata trovata aumentata in una consistente frazione di tumori colorettali. Ci siamo dunque chiesti se ci potesse essere una correlazione diretta tra i due eventi, cioè se l’esposizione alla tossina batterica potesse influenzare il modo in cui i tumori rispondono ai trattamenti chemioterapici».

Nelle parole del primo autore dell’articolo, il ricercatore del Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino, il dott. Alberto Sogari, vengono presentati i risultati della ricerca: «Abbiamo scoperto che la colibactina funziona come una sorta di “palestra per i tumori”: allena, purtroppo, le cellule tumorali a sopportare un carico costante di mutazioni al Dna, abituandole all’attacco dei chemioterapici. Così, quando si inizia il trattamento farmacologico, il cancro impara anche a tollerare il danno provocato dai medicinali, diventando resistente ad essi».

Gli autori dello studio hanno osservato che anche tumori allenati dalla colibactina possono tuttavia rispondere ad approcci chemioterapici che agiscono però con un meccanismo diverso rispetto a quello adottato precedentemente. Fondamentale è dunque «rendere i trattamenti il più possibile precisi e mirati. Abbiamo già ottenuto – ha aggiunto Bardelli – i primi risultati incoraggianti che confermano le applicazioni cliniche, dette traslazionali, della nostra scoperta». L’obiettivo adesso è testare la scoperta su un numero maggiore di pazienti rispetto a quello dello studio pilota, per rendere statisticamente significativi tali dati preliminari.

2 – Tumore gastrico, un nuovo farmaco per i casi più gravi

A proposito di tumori addominali e intestinali, a distanza di 10 anni dall’approvazione, nell’Unione europea, dell’ultimo farmaco per il carcinoma gastrico, l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) ha appena disposto la rimborsabilità di “trastuzumab deruxtecan”.

È una monoterapia per trattare pazienti con adenocarcinoma avanzato dello stomaco, il cosiddetto “Her2-positivo”, i quali hanno ricevuto un precedente trattamento a base del solo trastuzumab. Nel 2023, in Italia sono stati stimati in circa 15mila i nuovi casi di tumore dello stomaco (9.000 uomini e 6.000 donne). Il 20% di essi presenta una sovra-espressione della proteina Her2. I pazienti con malattia avanzata metastatica, che sono progrediti dopo un trattamento proprio contro questa proteina, possono ora beneficiare del nuovo farmaco, che combina un anticorpo monoclonale, il trastuzumab, con il chemioterapico deruxtecan.

«Il ritrovato ha dimostrato di essere efficace in una condizione clinica complessa, cioè in alcuni pazienti non suscettibili alla chirurgia, dopo il fallimento della prima linea di terapia medica – ha affermato la prof.ssa Sara Lonardi, direttore dell’Oncologia3 all’Istituto Oncologico Veneto Irccs di Padova -. Per queste persone finora le possibilità di cura erano limitate». Queste cure innovative «rappresentano un passo avanti significativo nel controllo della malattia metastatica – ha sottolineato Claudia Santangelo, Presidente dell’Associazione Pazienti “Vivere senza stomaco (si può)” -. Il tumore gastrico è una patologia ad alta complessità clinica e richiede percorsi dedicati per diagnosi, cura e assistenza. La presa in carico di questi pazienti, in particolare con carcinoma avanzato, necessita di un approccio multidisciplinare che permetta una gestione globale, migliorando di anni la sopravvivenza e la qualità di vita».

3 – Un modello 3D per la ricerca sul tumore delle vie biliari

Riguarda invece il cancro delle vie biliari il lavoro dei ricercatori del Politecnico e dell’Istituto Humanitas di Milano, coordinati dal Dr. Matteo Donadon, i quali hanno creato un modello 3D di tumore per migliorare la ricerca di base e farla confluire nella medicina personalizzata.

È un chip di pochi centimetri di grandezza, che si può tenere tra le dita della mano, ma al suo interno nasconde un modello tridimensionale e altamente fedele di un tumore delle vie biliari, il colangiocarcinoma, completo del suo microambiente tumorale. Questo modello 3D di tumore, specifico per singolo paziente – che si può cioè realizzare a partire da un campione di cellule prelevato dal paziente – è quello che in inglese viene chiamato “organ-on-chip”, una tecnologia possibile grazie all’incontro tra biomedicina, biofisica e bioingegneria, ed è frutto della sinergia tra la prof.ssa Ana Lleo De Nalda, docente di Humanitas University e Responsabile del Laboratorio di Immunopatologia epatobiliare dell’Irccs Istituto clinico Humanitas, e il prof. Marco Rasponi, docente Associato di Tecnologie per la medicina rigenerativa al Politecnico di Milano, dove è anche Responsabile del Laboratorio di Microfluidica e microsistemi biomimetici. Con loro ha collaborato l’équipe clinica del professor Guido Torzilli, direttore del dipartimento di Chirurgia generale e Responsabile della Chirurgia epatobiliare di Humanitas.

«L’obiettivo finale di questo dispositivo non è solo accelerare la ricerca di base sul colangiocarcinoma ma anche rendere le cure sempre più precise e mirate, poiché in futuro potrebbe permettere di valutare preventivamente l’efficacia delle terapie in ciascun paziente trattato», hanno evidenziato Lleo e Rasponi. La ricerca è stata finanziata dalla Fondazione Airc e i risultati sono stati pubblicati sul Journal of Hepatology Reports.

Articolo: Cholangiocarcinoma-on-a-chip: A human 3D platform for personalised medicine – PubMed (nih.gov)

Il colangiocarcinoma è un tumore del fegato che colpisce ogni anno circa 5.500 persone in Italia. Purtroppo, la diagnosi avviene frequentemente in fase avanzata, perché la malattia è spesso asintomatica: al momento della diagnosi solo il 20 -30% dei pazienti ha un tumore operabile chirurgicamente. «Proprio per le ridotte opzioni terapeutiche e l’alta mortalità, abbiamo bisogno di nuovi modelli di laboratorio in grado di riprodurre le caratteristiche della malattia. È particolarmente importante l’interazione tra le cellule del tumore e quelle del sistema immunitario, che svolgono un ruolo fondamentale nella progressione e nella risposta ai farmaci», ha rilevato Ana Lleo.

Nel dispositivo è stato riprodotto quanto avviene a livello individuale nei pazienti, sia nella propagazione del tumore che nella risposta terapeutica ai farmaci. «Siamo molto soddisfatti del risultato ottenuto – hanno commentato Torzilli e Rasponi -. I prossimi passi saranno perfezionare ulteriormente il dispositivo, sia come modello per la ricerca sia come possibile test farmacologico personalizzato, e infine testarlo in gruppi sempre più ampi di pazienti».

4 – Stop alla chemio: la svolta nella leucemia linfoblastica

Dai tumori solidi a quelli ematici. Dati alla mano, adesso si può affermare che la storia clinica della leucemia acuta linfoblastica, nel sottogruppo cosiddetto “Philadelphia positivo” (Lal Ph+), è cambiata grazie ad un trattamento di prima linea basato sull’uso combinato di due farmaci che agiscono in modo mirato, senza alcun ricorso a chemioterapia e trapianto di staminali.

Ad oltre 4 anni dalla diagnosi, uno studio targato Gimema (Gruppo italiano malattie ematologiche dell’adulto), coordinato dal prof. Robin Foà dell’Università La Sapienza di Roma, ne ha confermato l’efficacia a lungo termine.

I risultati del lavoro sono stati recentemente pubblicati sul prestigioso Journal of Clinical Oncology.

Articolo: Long-Term Results of the Dasatinib-Blinatumomab Protocol for Adult Philadelphia-Positive ALL – PubMed (nih.gov)

La “Lal Ph+” è il sottogruppo più frequente di questo tumore ematologico con un’incidenza che aumenta proporzionalmente con l’età. In passato era considerato il tumore del sangue con il decorso più infausto, in quanto poco rispondente alla chemio. L’unica strategia potenzialmente curativa era il trapianto allogenico di cellule staminali, raramente percorribile però per la scarsa sensibilità alla chemio e per l’età avanzata di molti pazienti. La prognosi è cambiata dall’inizio degli anni 2000 con l’introduzione nella pratica clinica degli inibitori delle “tirosin-chinasi”, farmaci mirati alla specifica mutazione genetica che caratterizza la “Lal Ph+”. Associati alla terapia steroidea senza chemio, si sono osservate percentuali molto elevate di remissioni cliniche e limitati effetti collaterali, in pazienti di tutte le età. Gli inibitori delle tirosin-chinasi, inoltre, sono somministrati per via orale e quindi spesso a domicilio, con un indubbio vantaggio per la qualità di vita dei pazienti trattati.

Successivamente, il gruppo guidato dal prof.  Foà ha utilizzato il dasatinib, un inibitore di seconda generazione, seguito da un trattamento di consolidamento con un anticorpo monoclonale, il blinatumomab, in grado di riconoscere due antigeni, uno sulle cellule tumorali e uno sui linfociti che vengono così attivati contro il tumore. L’uso congiunto dei due farmaci ha infatti permesso di ottenere una remissione completa della leucemia nel 98% dei pazienti, di tutte le età, senza effetti collaterali rilevanti. I risultati dello studio Gimema, sostenuto anche in questo caso da Fondazione Airc e con il contributo di Amgen, sono stati pubblicati nel 2020. Ora dallo stesso team sono arrivati i dati di oltre 4 anni di follow-up che confermano l’efficacia di questa strategia con percentuali di sopravvivenza tra il 75% e l’80%. Lo studio ha anche mostrato che il 50% dei pazienti è stato trattato con la sola terapia combinata, senza dover ricorrere ad altra terapia chemioterapica  o a trapianto. Nessuno dei pazienti che hanno avuto una risposta farmacologica positiva ha presentato in seguito recidive.

«Questi risultati – ha affermato Foà, professore emerito di Ematologia alla Sapienza – sono i migliori fino ad oggi ottenuti, perché si sono mantenuti nel tempo e a prescindere dall’età dei pazienti. È la strategia che rappresenta il futuro: chemioterapia e trapianto potranno dunque essere evitati in moltissime persone». Quest’ultimo punto, ha fatto sapere l’ateneo romano, verrà definitivamente documentato dal nuovo protocollo clinico multicentrico Gimema di fase 3, attualmente in corso in numerosi ospedali d’Italia.

Fonti:

https://www.centrodimedicinabiologica.it/microbiota-e-tumore-del-colon-retto-demariani-monza-milano/

https://www.repubblica.it/salute/dossier/oncoline/2024/01/22/news/tumore_stomaco_her2_farmaco-421945411/

https://www.polimi.it/fileadmin/user_upload/comunicati_stampa/CS_Polimi_Humanitas_Modello_3D_per_tumore_delle_vie_biliari.pdf

https://www.adnkronos.com/salute/leucemia-cura-chemioterapia-trapianto_26F7NrAJSX81h0Q9ozWG63

https://www.avvenire.it/attualita/pagine/un-2024-di-scommesse-vincenti-contro-il-cancro

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