Lavori scientifici

Microchimerismo materno-fetale: il primo abbraccio tra madre e figlio

Microchimerismo: un trapianto naturale inatteso

Il microchimerismo fetale, si è scoperto in questi ultimi anni, è la presenza di cellule staminali fetali nel corpo della madre e di cellule materne nel corpo del feto. Si tratta di uno scambio bidirezionale di cellule che avviene durante la gravidanza e che permette la coesistenza di due individui geneticamente diversi ma anche parzialmente simili. Le cellule fetali possono rimanere nel corpo materno per un periodo limitato o per tutta la vita.

Gravidanza: le cellule fetali restano per sempre nel sangue della madre

Il vero “tatuaggio” di ogni gravidanza è invisibile agli occhi. Durante la gestazione, e già a partire dalla 7^ settimana, una limitata popolazione di cellule staminali fetali migra nel flusso sanguigno materno e ci resta per sempre. Il rapporto simbiotico tra madre e nascituro ha solide fondamenta fisiologiche in quanto la gravidanza rappresenta una condizione speciale per ogni donna, che sperimenta lungo 9 mesi un vero e proprio legame viscerale col proprio figlio. Non si tratta soltanto del senso di appartenenza affettiva ma del costante scambio organico di cellule dal feto per 40 settimane, con effetti particolarmente protettivi per il suo benessere psico-fisico. Dopo il parto restano nella circolazione sanguigna materna come un “tatuaggio” indelebile e si integrano nei tessuti. Ipoteticamente una donna conserva per sempre cellule staminali fetali di ogni precedente gravidanza, anche di quelle interrotte. Recenti scoperte suggeriscono che queste cellule micro-chimeriche abbiano una funzione nel promuovere l’idoneità genetica, migliorando l’esito delle future gravidanze. Questo complesso e sofisticato scambio potrebbe quindi avere un significato essenziale per la sopravvivenza della madre, del feto e della stessa specie umana.

Che cellule sono?

Si tratta di cellule staminali o frammenti di cellule del compartimento fetale di origine placentare. Sono particolarmente evidenti nelle madri con figli maschi poiché queste cellule conservano cromosomi diversi. Durante la gravidanza i vasi uterini subiscono notevoli trasformazioni e grazie agli estrogeni aumenta la vascolarizzazione intorno alla placenta: «Che è letteralmente immersa» – spiega la d.ssa Lorenza Driul, direttrice della Clinica Ostetrica e Ginecologica dell’Ospedale di Udine – «nel sangue materno».  Frammenti della placenta raggiungono i vasi: “In questo modo arrivano al corpo della gestante particolari segnali» – afferma – «entrano in circolo delle molecole che sono messaggere di azioni precise da compiere». Inoltre, esistono le cosiddette “cellule progenitrici associate alla gravidanza” (Pregnancy associated progenitor cells, Papcs) che dal feto migrano in tutto il corpo della madre, incluso il cervello, il cuore, il fegato, i reni, i polmoni e il midollo spinale. La presenza di cellule staminali fetali nel flusso sanguigno materno consente inoltre di effettuare l’esame del DNA dell’embrione e controllare eventuali anomalie cromosomiche.

Quali istruzioni portano queste cellule?

Il corpo in gravidanza cambia completamente. In parte questa trasformazione è predisposta dalle cellule staminali fetali. Dal tessuto adiposo aumentano le citochine che stimolano l’appetito e favoriscono la deposizione di zuccheri e grassi, anche per le donne con disturbi alimentari: «Altra funzione importante che comandano queste cellule è la preparazione all’allattamento» – spiega – «sin dai primi mesi di gravidanza inviano segnali ai mastociti per la produzione di latte. Il seno è più teso e cresce armonicamente».

Dove si trovano e cosa fanno?

Più frequentemente nel cuore, polmoni, cervello e reni, ma anche nella tiroide, fegato, vescica, colon e cute. «Si tratta di cellule o frammenti» – afferma la d.ssa Driul – «che influenzano anche la funzionalità del sistema immunitario materno». Le attuali evidenze scientifiche dimostrano che hanno un ruolo favorevole per la riparazione dei tessuti e la termoregolazione materna: «Alcuni disordini autoimmuni tipicamente regrediscono durante la gravidanza» – afferma – «questo effetto benefico si accentua soprattutto nel terzo trimestre quando il numero di cellule circolanti è più elevato». Si è anche scoperto che le cellule staminali fetali partecipano al processo di neoangiogenesi (formazione di nuovi vasi sanguigni all’interno di un tessuto) durante la gravidanza in caso di infiammazione della pelle. Questa ricerca ha portato gli scienziati ad ipotizzare che le cellule della placenta e del feto, che erano all’interno della circolazione del sangue materno, possono essere ingaggiate nei siti di malattie del miocardio o nel caso di ferite per aiutare a rimarginarle. Identificare le cellule che partecipano a questo processo è auspicabile per sviluppare nuove terapie per malattie cardiovascolari ad ampio spettro.

È stato riferito per la prima volta che frammenti di DNA portatori di mutazioni che causano il cancro potevano essere trovati fluttuanti liberamente nel sangue dei pazienti oncologici a metà degli anni ’90. I risultati hanno attirato l’attenzione di Dennis Lo, ora professore di Medicina e Patologia clinica all’Università cinese di Hong Kong, che ha pensato che “un bambino che vive in una madre è un po’ come una massa tumorale che cresce in un paziente, anche perché si è dimostrato che le neoplasie contengono al loro interno cellule staminali fetali”. Sulla base di questa intuizione, ha continuato a scoprire frammenti di DNA fetale nel sangue materno e ha aperto la strada ai test prenatali non invasivi (NIPT). Ha anche iniziato, insieme ad altri, ad applicare queste intuizioni a come i frammenti di ctDNA potrebbero essere utilizzati nel monitoraggio e nella rilevazione del cancro. Infatti si sta studiando l’ipotesi che la presenza di cellule staminali fetali nel corpo materno riduca la possibilità di contrarre malattie degenerative quali l’Alzheimer e alcune tipologie di tumori.

Le donne assorbono il Dna degli uomini con cui fanno l’amore

Sembrerebbe la trama di un film di fantascienza, invece si tratta di realtà: almeno secondo una ricerca condotta dall’Università di Seattle e dal Centro di ricerca sul cancro dal dr. Fred Hutchinson. Le donne, insomma, conserverebbero il DNA di tutti gli uomini con cui hanno rapporti sessuali. Lo studio in origine era mirato a stabilire se donne madri di un figlio maschio potessero avere una predisposizione ‘di ritorno’ per certe malattie neurologiche che più frequentemente colpiscono gli uomini. Da qualche anno, infatti, nel cervello femminile è stata individuata la presenza di DNA maschile, chiamato ‘microchimerismo maschile’. Si parla di una percentuale piuttosto alta: il 63% delle donne, infatti, presenterebbe frammenti di DNA maschile che ha dimostrato di poter superare la barriera emato-encefalica e insediarsi nel loro cervello. L’ipotesi che attraverso i rapporti sessuale il DNA maschile venga assorbito e conservato dalla partner rimane quindi molto probabile, anche se gli studi devono senza dubbio continuare in tal senso per comprendere le possibili implicazioni, compresa la durata di sopravvivenza dello sperma dopo l’atto amoroso.

Prospettive Future e Terapia Cellulare

La scoperta delle capacità delle cellule staminali fetali di attraversare le barriere biologiche e di contribuire alla riparazione dei tessuti materni apre la strada a nuove possibilità terapeutiche. L’approfondimento delle modalità con cui queste cellule migrano, si differenziano e interagiscono con il tessuto ospite potrebbe rivelarsi fondamentale per lo sviluppo di trattamenti basati su trapianto endovenoso di cellule staminali. Questo campo di ricerca promette di trasformare il modo in cui affrontiamo la guarigione, la riprogrammazione cellulare e la rigenerazione dei tessuti, anche quelli di origine tumorale. I processi di riorganizzazione cellulare possono pertanto essere influenzati da molte variabili come il microchimerismo materno-fetale dimostra; il tal senso lo stesso processo di guarigione del paziente, se inteso non come ritorno allo stato iniziale ma come approdo ad un nuovo equilibrio, non è più solo questione di molecole e geni ma è un processo che vede coinvolto l’intero individuo, in questo caso anzi di due, madre e figlio.

Il ruolo delle cellule staminali fetali nella riparazione degli organi lesionati rappresenta quindi una delle scoperte più affascinanti e sorprendenti della biologia moderna e il microchimerismo, una sorta di “trapianto naturale”, ci ricorda quanto sia complessa e interconnessa la vita biologica coi suoi numerosi microambienti organici, lasciando spazio a infinite possibilità di comprensioni e scoperte nei campi della prevenzione, della diagnostica e della cura di molte patologie.

Fonti:

https://www.iodonna.it/benessere/salute-e-psicologia/2022/02/22/gravidanza-le-cellule-fetali-restano-per-sempre-nel-sangue-della-mamma/#:~:text=Dopo%20il%20parto%20restano%20nella%20circolazione%20sanguigna%20materna,di%20ogni%20precedente%20gravidanza%2C%20anche%20di%20quelle%20interrotte.

https://www.gqitalia.it/ragazze/eros/2017/06/27/sesso-le-donne-assorbono-il-dna-di-tutti-gli-uomini-con-cui-lo-fanno

https://www.microbiologiaitalia.it/immunologia/cellule-staminali-fetali/

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