Una proteina comune ad alcuni tipi di cellule tumorali risulta essere la stessa che in altre circostanze consente al virus della polio di attaccare il suo ospite.
L’importanza della proteina CD155
La scoperta che la proteina ,CD155, svolge un ruolo in entrambe le malattie ha aiutato a spiegare una ricerca precedente che aveva evidenziato come un poliovirus modificato, il tipo utilizzato nella produzione di vaccini, attacchi le cellule tumorali. (Articolo https://www.oncolife.it/blog/novita-dalla-ricerca/il-virus-della-polio-per-curare-il-cancro-al-cervello/)
La capacità dei poliovirus modificati di attaccare le cellule tumorali e contemporaneamente indurre la risposta immunitaria è stata osservata per la prima volta alcuni anni fa.
Questo e molti altri virus modificati, tra cui l’herpes simplex di tipo 1, l’adenovirus e il virus del morbillo, sono oggetto di molte ricerche per determinare la loro efficacia nell’affrontare il cancro al cervello.
La strada verso una terapia efficace?
Il Dr. Dipongkor Saha della Harvard Medical School nel suo libro del 2016 Neurotropic Viral Infections, ha dichiarato che queste ricerche hanno tutte le carte in regola per portare verso una terapia efficace.
Fino ad ora però il processo molecolare con cui i virus modificati attaccano le cellule tumorali è rimasto solo teorico e oggetto di diverse teorie.
Il neurochirurgo Matthias Gromeier del Duke University Medical Center in North Carolina, negli Stati Uniti afferma che si è arrivati ad avere una comprensione generale di come funziona il poliovirus modificato, ma non i meccanismi d’azione.
Le proprietà antitumorali del virus si manifestano in due fasi
Gromeier in uno studio pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine, descrive le due fasi d’azione del virus.
Innanzitutto, il poliovirus si lega alla proteina CD155, infettando e uccidendo molte cellule tumorali. Ciò spinge le cellule tumorali a rilasciare antigeni.
Questo amplifica e modifica la risposta del sistema immunitario che lancia un’azione difensiva contro le cellule tumorali infette dalla polio.
Gli anticorpi così formati attaccano le cellule tumorali non infette che prima dell’invasione della poliomielite erano invisibili alle difese del corpo.
Le aspettative dei ricercatori
Gromeier afferma che conoscere i passaggi che si verificano per generare una risposta immunitaria consentirà loro di decidere se e quali altre terapie abbiano senso in combinazione con il poliovirus per migliorare la sopravvivenza del paziente.