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La storia di Cinzia: una donna fibromialgica che non ha mai smesso di lottare

Questa è la storia di Cinzia Assalve, fibromialgica, nata a Zurigo il 7 giugno 1963 da mamma veronese e papà leccese. A 5 anni e mezzo i suoi genitori hanno scelto di rientrare in Italia, trasferendosi a Verona fino ai suoi 9 anni e mezzo, per poi trasferirsi a Taranto perché il padre venne assunto in Italsider; città in cui attualmente vive. Una persona sensibile, Cinzia, accomodante, emotiva, per certi versi timida, anche se non introversa. Si descrive solare, positiva, aperta, con una visione quasi poetica del mondo e della vita. Vita che ama e per cui nutre un profondo rispetto. Ridere e sorridere sono la sua forza, riconoscibile da tutti e da sempre per la sua risata e la sua autoironia. Le abbiamo rivolto alcune domande.

Quali sono stati i sintomi d’esordio della sindrome fibromialgica e come si è evoluta?

Fino a qualche anno fa avevo fissato l’inizio dei sintomi attorno ai 20 anni. Il primo, quello più insidioso, è stato l’emicrania con aura, con attacchi continui, violenti che duravano anche giorni, con brevi  pause per poi, magari, ripresentarsi. 

Nel tempo si sono aggiunti, alternandosi, altri problemi: acufeni, estrema sensibilità al freddo, cistiti ricorrenti, problemi gastrointestinali, malocclusione mandibolare, formicolii, crampi, dolori in diverse parti del corpo.

Sono stata ricoverata e mi hanno rivoltata come un calzino, senza mai riuscire a capire quale fosse il problema. Ne venivo fuori sempre  delusa e sconfortata, pur sapendo che qualcosa non andava e non accettavo  di essere liquidata con un “Signora non ha niente, stia tranquilla,  sarà stressata”, “Forse è la depressione”. Proprio recentemente mia madre ha trovato un  mio referto, risalente ai miei sei anni l’unica cosa che mia madre ricorda che un medico le disse che avevo i reumatismi nel sangue.

Quando è arrivata la diagnosi?

Andai dal mio medico per la richiesta di un’ecografia al polso sinistro. In quell’occasione, parlando con lui, che si era reso conto delle svariate richieste di esami che facevo, mi disse di ritornare dopo la radiografia dalla quale non risultò nulla. Fu allora che mi parlò del suo sospetto di fibromialgia, consigliandomi di andare da un reumatologo. Era il 2008, avevo 45 anni. Erano passati 25 anni dall’esordio della mia malattia. Dopo un lungo colloquio e un’accurata visita il reumatologo Dott. Palazzi di Matera, mi ha diagnosticato la fibromialgia. 

Come ti sei sentita dopo la diagnosi?

Dopo la diagnosi mi sono sentita subito sollevata. Finalmente avevo un nome da dare al mio malessere persistente. 

Da subito ho voluto imparare a conoscere la mia malattia, mi sono informata, ho letto testi specifici, ho partecipato a convegni, imparando a conoscere il “nemico”. Nel tempo ho seguito varie terapie farmacologiche: miorilassanti, antinfiammatori, antidepressivi, anticonvulsivanti, antidolorifici, spesso combinati  tra loro, fino ad essere diventata, nel tempo, farmaco-resistente e intollerante ad alcuni di essi.

Attualmente sono assistita da un fisiatra specializzato in terapia del dolore e, soprattutto, in terapie comportamentali. Ho imparato ad ascoltare il mio corpo, cercando di trovare, con delle regole, un equilibrio che mi consenta di affrontare la mia quotidianità.

Cosa ti ha tolto e cosa ti ha dato la fibromialgia?

Tempo per fare cose, tempo per pensare. Mi ha tolto la libertà di scegliere il come, il cosa, il quando. Con la fibromialgia tutto è rallentato, cominciando dal risveglio al mattino. Devi per forza prenderti del tempo per rimettere in movimento il corpo, altrimenti difficilmente riesci a rimetterti in piedi.  

Se hai programmato più cose, devi imparare a svolgerne meno nei giorni più duri della malattia. Ci sono giorni migliori, in cui ti senti felice di portare a termine i tuoi obiettivi…ma poi arriva il pomeriggio in cui ti senti inservibile, sfinita, viene  a mancarti la concentrazione e la lucidità per pensare. 

Ho imparato a considerare la fibromialgia come una scomoda compagna di viaggio, indesiderata, invadente e prepotente che spesso decide per me ma ho accettato che fa parte di me, senza mai arrendermi. Ho dovuto reinventarmi, riprogrammare la mia vita, modificare le abitudini. Mi ha aggiunto consapevolezza e un sano egoismo e…tempo per me stessa, per ascoltare il mio corpo. Mi ha insegnato a trovare un equilibrio tra ciò che è importante per il mio benessere e quello degli altri.

Come converti il dolore in bellezza?

Per chi vive il dolore lo vive, esso è tangibile. Spesso oltre al dolore del corpo, c’è quello dell’anima, che ha bisogno, forse, di più cure e di più tempo per essere metabolizzato e trasformato ma anche compreso, specie dagli altri. Ma ciascuno di noi può trovare la forza di convertire il dolore in qualcosa di positivo, attraverso arte, fotografia, pittura. Io lo converto in volontariato per contribuire a cambiare l’attuale stato di cose, fatto di pregiudizi, con l’ingiustizia sanitaria e sociale, con discriminazioni e umiliazioni.

Cosa auspichi per chi vive la tua stessa patologia?

Beh, che l’iter legislativo del disegno  di legge attualmente fermo in Commissione Sanità venga completato, per restituire al fibromialgico la dignità di malato. Mi auguro di non ricevere più chiamate di persone in lacrime perché non comprese in famiglia, maltrattate sul lavoro o disconosciute dai medici.

Chi ti sta accanto?

Persone sensibili e attente, in primis mio marito, cui sarò eternamente grata per essermi stato vicino con equilibrio, senza farmi mai pesare i limiti della malattia, riuscendo ad alleggerirmi i momenti difficili, senza mai sottovalutarmi. Mio marito mi legge in viso e non ho bisogno di spiegazioni. Sono circondata da amiche meravigliose che mi coccolano.

Sei mai stata vittima di pregiudizi?

Dopo la diagnosi è cambiato il mio modo di vivere questi atteggiamenti che oggi mi faccio scivolare addosso. Dopo la diagnosi mi sono sentita più forte. In ambito lavorativo è stata dura. Negli ultimi anni facevo sempre più fatica a reggere il mio ritmo. Avvertivo un clima di ostilità, sospetto, mi sentivo sotto pressione più la fibromialgia prendeva il sopravvento.

Hai un motto che accompagna la tua vita?

Di motti ce ne sono stati tanti. Ho due grandi passioni musicali: Ivano Fossati e Fiorella Mannoia che sono stati la colonna sonora della mia vita. “Combattente” di Fiorella Mannoia mi ha trasmesso un brivido particolare. Tutto il testo mi rappresenta in quanto fibromialgica, in particolare “Il tempo ha cucito qualche ferita e forse ha tolto anche ai miei muscoli  un pò di elasticità ma non sottovalutare la mia voglia di lottare perché è rimasta uguale , non sottovalutare di me niente, sono comunque sempre una combattente”.

Giornalista

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