Novità dalla ricerca

In Australia reinventano lo screening del tumore al colon-retto

Cancro del colon: cresce diversamente in donne e uomini

Se diagnosticato precocemente, oltre il 95% delle persone sopravvive a una diagnosi di cancro intestinale. Dall’Australia rimbalza la notizia che, sebbene esista un semplice test di screening fornito gratuitamente alla popolazione ultracinquantenne, meno della metà delle persone coinvolte lo esegue quando il kit viene inviato per posta. Inoltre i più giovani si ammalano di cancro all’intestino a tassi inspiegabilmente crescenti rispetto al passato. Questo aumento ha portato gli Stati Uniti ad abbassare l’età dello screening da 50 a 45 anni.

Dall’Australia critiche e proposte

Spero che si possa vedere un cambiamento simile a quello statunitense anche in Australia“, afferma la professoressa Erin Symonds, del College of Medicine and Public Health della Flinders University di Adelaide. Ma questo non è l’unico modo in cui spera che lo screening cambi in Australia. Il test di screening – il “test delle feci” – viene inviato per posta agli australiani aventi un’età tra i 50 e i 75, ogni 2 anni. Le persone devono raccogliere minuscoli campioni che poi vengono rispediti indietro per un “test del sangue occulto fecale (SOF)“. Questo test cerca piccole quantità di sangue che possono essere causate dal cancro intestinale. “Una volta che ricevono un risultato positivo del test, tutte queste persone si devono sottoporre ad una colonscopia invasiva per completare la diagnosi “, afferma la d.ssa Symonds. Ciò consente ai medici di individuare delle cellule trasformate  il prima possibile, sperando che esse siano ancora pre-cancerose.

Ma la colonscopia non è una procedura attraente, soprattutto se poi si scopre che non è stata necessaria. “Quando vengono intervistate dopo aver fatto la colonscopia, molte persone si sentono rassicurate sul fatto che non c’era nulla, ma un numero consistente di esse si sente deluso dal fatto di aver subìto la procedura successiva risultata negativa“, afferma la Symonds. Inoltre, c’è un lungo tempo di attesa per le colonscopie: il tempo medio in Australia è di quasi 3 mesi, dopo un test positivo di sangue occulto nelle feci, e ciò genera sempre ansia e stress emotivo nei pazienti e nei loro familiari.

Quali sono le alternative proposte?

Symonds e colleghi stanno lavorando da tempo su un esame del sangue per il cancro all’intestino, test noto con la terminologia tecnica di biopsia liquida. Questo esame individua minuscole tracce di DNA tumorale, se presenti, nel sangue di una persona affetta da tumore del colon-retto. Tale test può essere più sensibile e specifico della ricerca del sangue occulto nelle feci e dare quindi un risultato più accurato per valutare se sia necessaria una successiva colonscopia. I ricercatori sono particolarmente interessati agli esami del sangue per i gruppi a rischio più elevato come quei pazienti con persistenti dolori gastrointestinali oppure per quelli operati di cancro all’intestino. Ma l’idea è attraente anche per molte altre persone. “Quando offriamo agli utenti  la possibilità di scegliere tra un test delle feci e un esame del sangue, tre quarti di essi dicono ‘Farò un esame del sangue!‘.

Ma quali sono poi gli svantaggi? “Non tutti si sottopongono a esami del sangue quando viene richiesto in quanto potrebbero essere spaventati dagli aghi o semplicemente non avere più la motivazione o i mezzi per raggiungere una clinica in cui si eseguono i test di biopsia liquida. Il test delle feci può essere invece eseguito a casa e può fornire i risultati diagnostici in un tempo relativamente breve“, afferma Symonds.

Sebbene in Australia tutte queste opzioni siano gratuite per i pazienti, ci sono costi aggiuntivi per il Sistema sanitario. “Gli esami del sangue per cercare questi biomarcatori costeranno almeno il triplo di quanto costa attualmente il semplice test della ricerca del sangue occulto“, sottolinea la d.ssa Symonds. “Il test delle feci è economico per il governo, circa $ 30 per test, mentre gli esami dei biomarcatori in biopsia liquida possono costare fino a $ 5,000. Quindi questa interessante opzione non può essere attualmente sviluppata sul grande pubblico ma solo attuata in fase sperimentale e per scopi di ricerca su piccoli gruppi di pazienti. Quindi la nostra “migliore opzione” per lo screening rimane il test delle feci ma, con il miglioramento delle tecnologie, siamo certi  che si potrà offrire un esame del sangue sia più conveniente dal punto di vista economico che molto più sensibile sul versante diagnostico“, conclude la d.ssa Symonds.

La diagnosi precoce oncologica in Italia

Quali sono i test salvavita usati come screening per la diagnosi anticipata del cancro in Italia?

Sono quattro:

  1. Per la diagnosi precoce del cancro del colon-rettosangue occulto nelle feci
  2. Per la diagnosi precoce del cancro del collo dell’uteroPAP test
  3. Per la diagnosi precoce del cancro del senomammografia ed ecografia senologica
  4. Per la diagnosi precoce del cancro del polmone nei forti fumatoriTAC spirale

 

Questi tipi di cancro rendono conto del 40%, cioè quasi  la metà, di tutte le diagnosi di tumore.

Ogni anno, in Italia, ci sono 50.000 nuovi casi di tumore al colon. Una neoplasia spesso asintomatica che cresce piuttosto lentamente e ha circa il 90% di probabilità di essere curata se diagnosticata precocemente.  Una percentuale che può alzarsi al 100% se i polipi benigni (adenomi), da cui spesso ha origine questo tipo di tumorevengono prematuramente individuati ed asportati.

Ce ne parla il dr. Marco Rovagnati, docente dell’Open Faculty di Humanitas University e chirurgo oncologo presso gli Humanitas Medical Care di Monza e Arese.

Che tipo di prevenzione si può fare specificamente per il tumore al colon?

Il tumore al colon-retto è, ad oggi, uno dei più diffusi e, per questo,- oggetto di capillari campagne di prevenzione per la sua diagnosi precoce, dal momento che è relativamente semplice individuarlo nelle fasi di sviluppo iniziali, quando le terapie risultano più efficaci e la guarigione quasi certa.

È un tipo di tumore che si forma nella mucosa del colon-retto, la parte finale dell’intestino crasso. Di solito esordisce sotto forma di polipi, piccoli noduli cioè formati da cellule che si moltiplicano più del dovuto e che sono ancora formazioni benigne in quanto tali cellule non presentano tutte le mutazioni necessarie per essere considerate cancerose, ma già hanno quelle sufficienti ad innescare una divisione cellulare poco controllata. Tali alterazioni della mucosa fanno sì che uno dei primi sintomi del tumore al colon-retto sia la presenza di sangue occulto nelle feci (SOF) – non visibile a occhio nudo, ma riscontrabile attraverso apposite analisi. Per questo si consiglia di effettuare la ricerca di sangue occulto a partire dai cinquant’anni, età in cui aumentano gradualmente le probabilità di insorgenza. Così si spera di riuscire ad individuare i casi clinici nelle tappe iniziali e quindi allo stadio zero, quello cioè ancora ben localizzato nella mucosa intestinale e non diffuso nell’organismo. Un’altra opzione, quando si ritiene che il rischio sia maggiore, è fare una colonscopia: si introduce cioè nel colon una microscopica e sottilissima videocamera a fibre ottiche  con cui osservare lo stato complessivo delle pareti interne e, se necessario, eliminare direttamente i polipi che mostrano un  aspetto anomalo. Per prevenire il tumore al colon è innanzitutto fondamentale eliminare quei fattori di rischio che sono stati dimostrati essere predisponenti alla comparsa dei polipi: una dieta ricca di carni rosse, il fumo, l’alcol e la mancanza di un’attività fisica regolare”, conclude il dr. Rovagnati.

 

La regola d’oro: una dieta ricca di frutta e verdura

Uno dei fattori che è strettamente correlato con questo tipo di cancro è una dieta povera di fibre vegetali. Un buon apporto di tali fibre, infatti, facilita il movimento degli alimenti digeriti facendo in modo che stiano meno tempo a contatto con le cellule della mucosa intestinale. Questo è importante perché i residui del processo digestivo contengono diverse molecole potenzialmente dannose per le cellule e possono inoltre alterare i microrganismi presenti nell’intestino, la cosiddetta flora batterica o microbiota. Nell’intestino la fibra vegetale si comporta infatti come una spugna, trattenendo al proprio interno molta acqua e anche le sostanze che non sono state assorbite e che quindi possono creare serie patologie. Essendo trattenute dalle maglie delle fibre di cellulosa, il principale costituente dei vegetali, si evita infatti che queste sostanze, potenzialmente nocive, possano interagire con le cellule dell’intestino, danneggiandole. D’altra parte assorbendo molta acqua, la fibra si gonfia e, di conseguenza, preme sulle pareti dell’intestino stimolandone il movimento. Così la velocità con cui i residui circolano è più elevata e questi verranno espulsi in tempi relativamente rapidi. Ne consegue che le sostanze potenzialmente cancerogene, contenute negli alimenti che ingeriamo, passeranno meno tempo a contatto col colon-retto riducendo così la loro capacità di causare danni. Nel frattempo la flora batterica intestinale riesce a decomporre parte delle fibre e, così facendo, genera prodotti residuali come il butirrato e il lattato che hanno una funzione protettiva, soprattutto perché agiscono riducendo l’infiammazione, una situazione che sarebbe propizia alla crescita del tumore. Questo spiega perché si consiglia di mangiare un frutto intero anziché assumere il succo di quello stesso frutto. Il succo può avere molte proprietà interessanti ma perde per strada la maggior parte delle fibre: e queste, anche se il nostro apparato digerente non  le assorbe, hanno un ruolo molto importante nella prevenzione di diverse patologie tra cui il cancro.

Quali sono gli alimenti che contengono molte fibre e che quindi possono aiutare a prevenire il cancro al colon?

Le fibre alimentari sono importanti per la salute intestinale e possono aiutare a ridurre il rischio di malattie croniche.

  1. Frutta: mele, pere, prugne secche, arance, kiwi, avocado, fichi, uva, melograno, mango, papaya, ananas, pesche, noci di cocco, limoni,  pompelmi, mandarini, cachi, banane, fragole, lamponi, mirtilli, more, ribes, uva spina, albicocche, ciliegie, susine e nespole
  2. Verdura: carote, broccoli, cavolfiori, cavoli, spinaci, lattuga, rucola, cicoria, radicchio, zucchine, peperoni, pomodori, cetrioli, cipolle, aglio, porri, fagiolini, piselli, fave, ceci, lenticchie, fagioli, cime di rapa, asparagi e melanzane
  3. Cereali integrali: avena, orzo, farro, segale, riso integrale, quinoa, grano saraceno, pane integrale e pasta integrale
  4. Frutta secca e semi: mandorle, noci, nocciole, pistacchi, datteri, semi di zucca, semi di girasole e semi di lino

 

Uno studio italiano pubblicato su Nature Medicine: biopsia liquida diagnostica e terapia a bersaglio molecolare su pazienti con tumore al colon-retto

Un approccio darwiniano per trovare la terapia giusta e risparmiare ai pazienti trattamenti inutili. E’ ciò che si basa sul concetto di evoluzione tumorale della resistenza farmacologica alla selezione diretta della terapia, analizzando in tempo reale il Dna tumorale circolante alla ricerca di mutazioni di resistenza. Insomma, scegliere la terapia giusta, per il paziente giusto, al momento giusto: un obiettivo che sembra più vicino per il tumore del colon-retto metastatico, grazie alla biopsia liquida che consente appunto di analizzare il Dna tumorale circolante attraverso un prelievo di sangue e così di selezionare i pazienti in base alle caratteristiche molecolari del tumore in quel momento, a prescindere dalle precedenti terapie e dall’intervallo di sospensione. Lo rivela lo studio clinico interventistico Chronos, pubblicato su Nature Medicine e coordinato dall’Irccs Candiolo di Torino e dall’Ospedale Niguarda di Milano, con la collaborazione dell’Università degli Studi di Torino e dell’Università degli Studi di Milano e la partecipazione clinica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e l’Istituto Oncologico Veneto di Padova.

 

L’impatto della medicina di precisione

Grazie alla biopsia liquida tra i pazienti senza mutazioni, arruolati nello studio, il 30% ha mostrato una risposta obiettiva, un valore superiore rispetto a quello osservato con la selezione dei pazienti secondo criteri solo cliniciNel complesso – dice il prof. Bardelli, coordinatore dello studio – questo trial clinico rappresenta la prima integrazione della biopsia liquida all’iter di terapia in un tumore big killer come il carcinoma del colon-retto. Da una goccia di sangue è possibile decifrare la vulnerabilità a una terapia a bersaglio molecolare e lo studio Chronos apre la strada a studi che raccolgano questa sfida emergente nell’ambito della medicina personalizzata. La cosa più importante che Chronos ha dimostrato è proprio l’impatto positivo della medicina di precisione sulla qualità della vita dei singoli individui. Nei malati con tumori molto avanzati preservare la qualità della vita è altrettanto fondamentale che identificare un trattamento che ‘cronicizzi’ il tumore. Avere uno strumento diagnostico che escluda trattamenti sicuramente inefficaci risparmia quindi  inutili tossicità e sofferenze ai nostri pazienti”, conclude il prof. Bardelli dell’IRCCS di Candiolo.

 

Fonti:

Lo screening del cancro intestinale dovrebbe essere reinventato? (cosmosmagazine.com)

Tumore al colon: l’importanza della prevenzione – Humanitas Medical Care (humanitas-care.it)

https://www.repubblica.it/salute/dossier/oncoline/2022/08/02/

 

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