Nuove strategie terapeutiche contro il tumore del pancreas sono state scoperte dall’Unità di Terapie sperimentali dell’Ospedale Borgoroma di Verona, diretta dal prof. Davide Melisi, docente di Oncologia medica presso l’Università scaligera.
In particolare è stato scoperto un fattore proteico, l’autotaxina, responsabile della resistenza ai trattamenti chemioterapici del cancro al pancreas.
Il lavoro di ricerca clinica prodotto dal gruppo veneto è stato pubblicato sul primo numero del 2024 della rivista Cancer Research, organo ufficiale dell’Associazione americana per la ricerca sul cancro.
Il tumore del pancreas: un big-killer
“Tre sono i motivi delle difficoltà nel trattare il tumore al pancreas: primo fra tutti, la mancanza di sintomi nelle fasi iniziali della malattia; secondariamente è una neoplasia molto aggressiva in quanto nell’80% dei casi viene diagnosticata quando non è più operabile; infine essa è strettamente legata alla natura stessa del tumore in quanto, essendo ricca di tessuto stromale, è difficile veicolare farmaci antitumorali al suo interno” – esordisce il prof Melisi.
Quindi, pur essendo una forma tumorale relativamente minoritaria – si contano circa 14mila casi l’anno contro i quasi 56mila del tumore al seno che però nell’84% dei casi viene diagnosticato allo stadio iniziale non metastatico – il cancro al pancreas ha spesso una prognosi severa: è la patologia risultata purtroppo fatale, poco più di un anno fa, all’ex calciatore e dirigente della nazionale azzurra di calcio Gianluca Vialli.
“E se negli ultimi anni la ricerca e la diagnostica oncologica – aggiunge il prof. Melisi – hanno fatto in generale notevoli passi in avanti, questo non vale per il tumore al pancreas. Per le neoplasie del colon, del polmone e della mammella sono stati sviluppati ottimi farmaci a bersaglio molecolare, immunoterapia e anticorpi monoclonali. Invece per quella del pancreas, a parte la chirurgia quando è possibile eseguirla, ai pazienti si può offrire solo la chemioterapia. Con l’aggravante che spesso il tumore sviluppa resistenze contro qualsiasi farmaco venga somministrato.”
Il meccanismo di cura
Già in passato il gruppo del professor Melisi ha studiato possibili strategie terapeutiche: “Dall’ormai lontano 2011, quando il nostro gruppo di ricerca, formato da giovani medici e biologi tutti italiani, è nato all’Università degli Studi di Verona grazie ad un finanziamento Start-Up Airc – Associazione italiana ricerca sul cancro -, abbiamo dimostrato, prima in laboratorio e poi in studi clinici, l’attività di una classe di chemioterapici inibitori del cosiddetto Transforming growth factor beta o Tgfß”.
Purtroppo il tumore si è dimostrato in grado di sviluppare resistenza all’azione dei chemioterapici.
“La neoplasia non è infatti – spiega Melisi – solo un insieme di cellule tumorali da uccidere, bensì è capace di reclutare al suo interno tutta una serie di cellule che la circondano, il cosiddetto stroma periferico, per sostenere il proprio sviluppo. La nostra scoperta – oggetto dell’articolo su Cancer Research – è che i fibroblasti dello stroma secernono una proteina, l’autotaxina, che è in grado di bloccare l’azione del Tgfß, rendendo quindi vana la somministrazione della chemioterapia.
In sintesi: l’impiego combinato di inibitori di Tgfß e del nuovo inibitore di autotaxina, la molecola IOA289, rende le cellule tumorali molto più sensibili, e quindi non più resistenti, alla chemioterapia.”
Cosa è l’autotaxina?
L’autotaxina è un enzima considerato un potenziale fattore di resistenza delle cellule del cancro al pancreas ai trattamenti chemioterapici, capace quindi di limitarne gli effetti terapeutici.
La scoperta dell’autotaxina e, soprattutto, del suo inibitore IOA289 potrebbe cambiare l’approccio alla cura della patologia neoplastica pancreatica.
Dalla scoperta biochimica alla clinica è venuto fuori quindi lo spunto per una ricerca applicata: “Faccio l’oncologo medico – puntualizza Melisi – e l’autotaxina l’abbiamo scoperta, quasi casualmente, nei pazienti come fattore circolante. L’abbiamo successivamente estratta e portata in laboratorio, creando un modello transgenico di topi con cancro costitutivo al pancreas. Infine abbiamo individuato e studiato un inibitore dell’autotaxina: questo farmaco per ora ha solo una sigla, IOA289, ma dopo i numerosi test eseguiti sui topi e relativi risultati, scientificamente molto interessanti, è iniziata la sperimentazione clinica di fase 1 su venti pazienti con tumore al pancreas avanzato, curati nel nostro Ospedale con la chemioterapia. A breve avremo i risultati preliminari di tossicità e attività farmacologica di questa nuova combinazione terapeutica.
Quello che ci rende sempre molto orgogliosi – sottolinea Melisi – è il poter dire che le nostre ricerche poggiano su evidenze scientifiche che emergono direttamente dall’analisi dei pazienti curati nella nostra Unità ospedaliera nell’ambito di sperimentazioni terapeutiche. Inoltre, i risultati di questi studi non restano ristretti tra le mura del nostro laboratorio, ma servono come razionale per nuovi studi clinici da offrire a chi purtroppo è colpito da queste patologie”.
Tumore del pancreas e fattori di rischio
Nel pancreas, quando le cellule duttali, quelle che rivestono i condotti escretori per secernere insulina e glucagone nel torrente sanguigno, si moltiplicano senza più controllo, allora si forma la massa tumorale.
I soggetti più esposti nello sviluppo del cancro al pancreas sono quelli con un’età compresa tra i 50 e gli 80 anni, mentre, per coloro che hanno meno di 40 anni il rischio è minore. Le persone più a rischio sono senza dubbio i fumatori: si parla di un maggiore pericolo rispetto ai soggetti che non hanno mai fumato, indipendentemente dal sesso. Secondo quanto riportato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e dell’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM), eliminando completamente il fumo si ridurrebbe un’alta percentuale di decessi per tumore al pancreas. La prevenzione prolunga la vita e la migliora.
Altri fattori possono favorire lo sviluppo del tumore al pancreas, come le mutazioni genetiche o quelli per familiarità del cancro del seno, dell’ovaio e della pelle. Infine, anche la sedentarietà, le esposizioni professionali ad alcuni solventi di uso industriale e agricolo o ai derivati della lavorazione del petrolio, il consumo eccessivo di alcol e caffè possono essere ulteriori fattori scatenanti.
L’Oncologia sanitaria veneta, orgoglio nazionale
Verona è da tempo un centro di eccellenza per la cura del tumore al pancreas, come certificato nel mese di febbraio 2024 dal 2° Rapporto sulla mobilità sanitaria dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas): “Il Policlinico Borgoroma di Verona registra quasi il 60% di attrazione dei flussi di pazienti oncologici regionali, confermandosi come uno dei centri più apprezzati per ricerca e cura del tumore al pancreas”, ha riferito la d.ssa Maria Pia Randazzo, Responsabile dell’Unità operativa Statistica e Flussi informativi sanitari di Agenas.
Anche il Governatore della Regione Veneto ha voluto rilasciare una dichiarazione in merito: “Il 2024 si apre con un nuovo successo veneto. Mi complimento, – ha aggiunto Zaia – in particolare con l’Ateneo veronese e col Gruppo di ricerca diretto dal prof. Davide Melisi, docente di Oncologia medica dell’Università di Verona e responsabile dell’Unità di Terapie sperimentali dell’Azienda ospedaliera universitaria”. Il Governatore del Veneto ha inoltre sottolineato: “La pubblicazione su Cancer Research testimonia l’elevata qualità scientifica e l’innovatività della scoperta. È l’ennesimo risultato che arriva grazie all’impegno di tutto il mondo della ricerca veneta, verso il quale siamo grati e orgogliosi!”.
Articoli su nuove terapie del tumore al pancreas:
https://www.oncolife.it/novita-dalla-ricerca/il-trattamento-innovativo-per-il-cancro-del-pancreas/
Fonti:
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/37738399/ (Articolo da Cancer research)
https://www.regione.veneto.it/article-detail?articleId=13937161
https://www.avvenire.it/vita/pagine/tumore-del-pancreas-nuove-speranze-terapeutiche