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La storia di Fabio: la sclerosi multipla, la cecità e l’inizio di una nuova vita

Fabio Ignelzi, 36 anni, nato l’8 febbraio 1985 a Moncalieri, in provincia di Torino, attualmente non lavora perché le sue forze non glielo permettono più. Ex tecnico informatico, dal carattere gioioso, che ama ridere e scherzare su tutto,  è affetto da sclerosi multipla. Abbiamo scelto di intervistarlo per voi.

Fabio, quando ti sono comparsi i primi sintomi?

Un sabato sera come tanti, andai a giocare a pallone con un gruppo di amici, feci la serata da classico ragazzino 21enne. Tornai a casa alle due del mattino. Al mio risveglio, la domenica, circa a mezzogiorno, iniziai a sentire sotto al mio piede destro come degli spilli o meglio ancora, un formicolio. Era una sensazione davvero brutta ma non ci diedi troppo peso. La sera questa sensazione di formicolio si era propagata fino al ginocchio destro. Il giorno dopo ha preso anche la gamba sinistra, sino a ritrovarmi semiparalizzato dal naso in giù. Ho una grandissima fobia degli aghi, quindi non andai subito a farmi visitare ma, alla fine mi ricoverarono per un mese intero.

Quando è arrivata la diagnosi di sclerosi multipla?

Il 2 aprile  2006. Lì per lì non sapevo, sinceramente, di cosa si trattasse. Ne avevo sentito parlare in pubblicità televisive…magari capitava la pubblicità della raccolta delle mele Aism ma, non sapevo esattamente cosa fosse la sclerosi multipla. Immediatamente chiesi al neurologo se questa malattia mi avrebbe portato alla morte e la sua  risposta fu no. Ne fui contento, però poi iniziai a documentarmi su internet e a capire che cosa fosse. Appresi che ognuno ha il suo decorso, la sua storia, i suoi sintomi e incominciai a  seguire delle terapie. Iniziai con dei farmaci di prima linea (interferone). Andai avanti con l’interferone dal 2006 al 2010: io questa malattia la odiavo e cercavo di combatterla, di denigrarla in qualsiasi modo. L’odio verso la sclerosi multipla mi faceva vivere male ma lei non si fermava.

Cosa ti ha dato e cosa ti ha tolto la sclerosi multipla?

Quando odiavo la sclerosi multipla trascorrevo le mie giornate a preoccuparmi, a pensare continuamente a cosa  potesse accadermi. Il 25 giugno 2010, una giornata di sole come tante, ma è stata bella, bella, bella davvero. Andai a lavorare in macchina con un fortissimo mal di testa sin dal mattino. La mia personale cura contro il mal di testa è sempre stata quella di mettere la musica altissima in macchina e mi passava. In ufficio, alle 9:30, il mal di testa continuava a crescere. Presi un caffè. Alle 11:27 guardai in basso a destra del computer, mi strofinai gli occhi e comparve una palla nera. Da lì iniziai a vederci sempre meno. Quello fu il giorno in cui diventai cieco. Non nego di aver accusato il trauma. Fu l’ultimo giorno che guidai una macchina, persi tutta la compagnia di amici che avevo in quel periodo, dovetti ricominciare tutta la mia vita. Uscivo di casa a braccetto con mio padre. Dopo 1 anno mi accorsi che, a 27 anni, dovevo tirarmi su le maniche. Io sono buddista e, grazie a questa pratica, modifico il mio stato vitale, recitando semplicemente un mantra. Grazie alla mia fede ho potuto far emergere un coraggio che non sarei riuscito a trovare da nessuna parte. Dopo 1 anno, con gli ausili per non vedenti, incominciai ad uscire da solo, a prendere i mezzi pubblici, a sviluppare l’udito in modo da sentire meglio tutti i rumori intorno a me.

E da qui il cambiamento…

Si, arrivai a pensare che, se odiando la malattia, ero arrivato a questo, non potevo far altro che accettare la mia malattia. Infondo, un vecchio detto dice: “Se non puoi sconfiggere la malattia, alleati”, quindi iniziai a non offenderla più, a trattarla con rispetto e, ad oggi, le voglio anche bene, la ringrazio di aver cambiato drasticamente in meglio la mia vita.

Come converti il dolore in bellezza?

Con la pratica buddista sicuramente. Ho iniziato a pensare che dietro ad ogni disgrazia, c’è qualcosa di bello che deve succedere. La vita è bella così, la vita è bella perché è vita, perché ogni giorno si ha la possibilità di poter incoraggiare le altre persone che stanno male con la propria vita. Se il mio scopo è quello di raccontare la mia vita per far felice qualcun altro, ben venga.

Cosa ti auguri per te e per coloro che soffrono di SM?

Non voglio un farmaco per eliminarla perché la SM mi ha fatto apprezzare di più la vita. Per gli altri, spero che la malattia stia ferma. E’ una malattia che starà con noi fino al resto dei nostri giorni, non ce la siamo cercata. La cosa migliore è conviverci e, perché no, scherzarci su.

Da chi sei stato supportato in tutti questi anni, dalla diagnosi ad oggi?

Sicuramente da me stesso, dalla filosofia buddista, grandi amici al mio fianco, tra cui Silvio, mio testimone di nozze, specie da quando sono diventato cieco.

Hai subito denigrazioni o ti sei sentito incompreso?

No, ma la sclerosi multipla ha molto scremato la cerchia di amici che avevo quando stavo bene, facendo si che incontrassi al mio fianco la donna giusta per me. Sono dell’idea che tutti abbiamo una persona giusta che ci aspetta. L’importante è riuscire a trovarla.

Hai un motto di vita, una canzone che ti accompagna?

Ascolto solo musica giapponese, quindi canzoni no. Come ho detto prima, in ogni disgrazia c’è sempre qualcosa di buono e in ogni cosa buona che succede c’è sempre qualcosa di brutto dietro, quindi io vivo ogni cosa, gioisco e affronto quel per cui c’è da gioire ed affrontare.

So che hai aneddoti davvero divertenti da raccontarmi…

Quando sono diventato cieco, il primo anno non è stato facile. Nel 2011, ad agosto, venne a trovarmi un amico a casa. Per 40 minuti mi lamentai continuamente. Ad un certo punto, il mio amico, prima di andarsene, mi fece una domanda: “Ma se un giorno incontri una persona cieca dalla nascita, cosa le dici? Che ti sei tirato su le maniche o che ti sei buttato giù?”. Quella fu una frase decisiva, che iniziò a risuonarmi nella testa. Grazie alla pratica buddista, arrivai al punto dove decisi di andare a vivere da solo, a circa 40 km lontano dai miei genitori per non essere aiutato da nessuno. Fu una delle esperienze più belle della mia vita, ricreandomi una vita normale nonostante tutto.

Ma veniamo alle cose belle… l’incontro con tua moglie sino alla proposta di matrimonio

Ad aprile 2013, mi arrivò una mail dell’ufficio, che recitava: “Ciao Fabio, mi chiamo Antonella. Ho avuto la tua mail da un’amica. So che ti piacerebbe partecipare ad una cena al buio che qui da noi a Torinosi tengono spesso. Sono cene dove si spengono tutte le luci e anche le persone normodotate possono provare che cosa si prova a non vedere nulla”. Inizialmente risposi di no e rifiutai anche la sua proposta di conoscerci. Le lasciai il mio numero di cellulare, sperando che mi contattasse il meno possibile ma Antonella diventò una “stalker”, iniziò a scrivermi mattino, pomeriggio, sera, a volte anche di notte. Dopo circa 15-20 giorni le dissi: “Incontriamoci, tanto io non piacerò a te e tu non piacerai a me”. Arrivato il giorno dell’appuntamento, cercai di presentarmi come la persona più antipatica sulla faccia della terra e c’ero quasi riuscito. Poi andammo insieme alla fermata del pullman e, mentre lei stava salendo su quel mezzo che l’avrebbe portata a casa, le chiesi di mandarmi un messaggio una volta rientrata. Mi volle rivedere qualche giorno dopo e da lì incominciò la nostra storia insieme, fino a che mi tirò dentro ad un progetto teatrale. Iniziai a capire che quello era il mio mondo… potevo trasformarmi, da attore, in qualsiasi personaggio. Iniziai a divertirmi tantissimo, creando battute e, non vedendo, il suono delle risate del pubblico, era una delle più grandi soddisfazioni che potessi avere. Nel 2017 decisi di farle una proposta di matrimonio sul palco, con la colonna sonora del mio idolo Bruce Lee, in mezzo alla commozione della gente.

Giornalista

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