Novità dalla ricerca

Una nuova molecola per impedire ad alcuni tumori di invadere il corpo

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Combattere il cancro nella visione generale significa uccidere le cellule tumorali. Tuttavia gli oncologi sanno che è anche importante fermare l’avanzamento delle cellule tumorali prima che si diffondano in tutto il corpo. Sono quindi due le strategie: o uccidere o bloccare e cronicizzare.

Una nuova ricerca pubblicata sulla rivista Nature Communications, presenta un metodo innovativo per congelare le cellule tumorali e ucciderle la dove si trovano.

A coordinare lo studio è stato il prof. Raymond Bergan, capo della divisione di ematologia ed oncologia medica e presso la Oregon Health Science University (OHSU). Bergan spiega come la maggior parte delle strategie terapeutiche per il trattamento del cancro siano focalizzate ad uccidere il tumore. Ad oggi nessuno ha ancora sviluppato una terapia che possa impedire alle cellule tumorali di muoversi nel corpo andando così a cronicizzare la malattia. Un po’ come si fa con il diabete.

Per la stragrande maggioranza dei tumori, come quello al seno, alla prostata, al polmone e al colon se il tumore viene diagnosticato precocemente quando è ancora piccolo e non si è diffuso in altre parti del corpo c’è una buona aspettativa di vita. Non è così se viene diagnosticato tardi, soprattutto dopo che si è diffuso in tutto il corpo“, spiega Bergan che continua: “il movimento delle cellule è l’elemento fondamentale: la differenza è  bianco e nero, notte e giorno: se le cellule tumorali si diffondono in tutto il corpo, ti toglieranno la vita, possiamo trattare i tempi, ma ti toglierà la vita”.

 

Quando cambiare approccio fa trovare nuove soluzioni

Cercare nuove strategie di cura, diverse da quelle che mirano ad uccidere le cellule, non è qualcosa di nuovo. Già da anni la ricerca ha aperto la strada verso la tumor reversion, ossia la possibilità di trasformare le cellule tumorali in cellule sane attraverso opportuni segnali biochimici. Uno di questi è rappresentato dai peptidi di pesce o fattori di differenziazione. Sul sito www.oncovita.it sono stati raccolti i risultati dei principali studi.

Bloccare il movimento delle cellule cancerogene

Nel 2011, Bergan e il suo team ha adottato un nuovo approccio alla ricerca lavorando in sinergia con il dipartimento di chimica alla ricerca di una molecola che fosse in grado di inibire il movimento delle cellule tumorali. L’articolo su Nature Communications riporta i risultati della scoperta di KBU2046, un composto che ha dimostrato di essere in grado di inibire la motilità cellulare in quattro diversi di tipi di cellule tumorali: tumori del seno, della prostata, del colon e del polmone.

Questo risultato è stato raggiunto cambiando appunto strategia: non più alla ricerca di molecole in grado di uccidere i tumori ma molecole in grado di fermare il movimento invasivo delle cellule tumorali.

Come si è arrivati a questo nuovo farmaco

Bergan racconta che il processo che li ha portati alla messa a punto della molecola  KBU2046 è stato un processo di progressivo raffinamento del farmaco: “abbiamo iniziato prendendo una sostanza chimica che impediva alle cellule di muoversi, quindi abbiamo progressivamente perfezionato quella sostanza fino a quando non è riuscita a fare un lavoro perfetto nel fermare la motilità delle cellule tumorali senza effetti collaterali”.

Prossimo passo: test del farmaco negli esseri umani

L’obiettivo finale del gruppo di ricerca è quello di mettere a punto un farmaco che possa possa essere efficace nella gestione dei tumori nelle loro fasi iniziali, prevenendo così le gravi condizioni cliniche in cui vanno incontro i pazienti dopo che il cancro si è diffuso. Va sottolineato come al momento questa sostanza non sia ancora stata testata sugli uomini e che, per concludere la ricerca, ci vorrà ancora tempo e denaro.

Non troppo però, i ricercatori stimano che entro due anni potranno arrivare a risultati importanti.

 

Fonti:
https://news.ohsu.edu/2018/06/22/research-team-discovers-drug-compound-that-stops-cancer-cells-from-spreading
https://www.nature.com/articles/s41467-018-04465-5

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