Le cellule possono essere riprogrammate, l’importante è conoscere e saper usare il corretto linguaggio. Sono queste le conclusioni a cui è giunto, dopo più di 25 anni di ricerche, un team italiano guidato dal dott. Pier Mario Biava.
Le cellule possono essere riprogrammate, l’importante è conoscere e saper usare il corretto linguaggio. Sono queste le conclusioni a cui è giunto, dopo più di 25 anni di ricerche, il dott. Pier Mario Biava.
L’intuizione di Biava nasce dall’aver osservato come durante le prime fasi dello sviluppo di un embrione, durante il periodo in cui si differenziano i vari tipi di cellule staminali è impossibile indurre un tumore con agenti esterni, mentre entrando in una fase più avanzata di sviluppo, ovvero quando è finita l’organogenesi, questo diviene possibile.
Doveva dunque esserci qualche meccanismo di controllo e riparazione che proteggeva l’embrione. Alla ricerca di questi meccanismi Biava ha studiato le analogie tra le cellule tumorali e quelle staminali: entrambe si moltiplicano con grande rapidità ad un certo punto però per le cellule staminali intervengono dei segnali biologici che le indirizzano verso un ben preciso percorso di differenziazione. Si originano così tutte le diverse cellule che compongono il nostro organismo, da quelle cardiache a quelle epatiche, da quelle epiteliali a quelle neuronali. Questi meccanismi vengono chiamati meccanismi epigenetici in quanto si tratta di attività che regolano dall’esterno l’espressione dei geni.
Per comprendere meglio questi concetti dobbiamo farci aiutare dall’informatica. L’era digitale ha infatti cambiato il nostro linguaggio introducendo nella quotidianità concetti prima ignorati come quello di programmare o riprogrammare.
Ha introdotto anche il concetto che su un oggetto materiale è possibile inserire una serie di informazioni e funzioni. Ormai tutti abbiamo in mano oggetti che contengono informazioni: chiavette usb, smartphones, ipad.
La scienza oggi sta scoprendo che i meccanismi con cui le cellule si moltiplicano e mantengono le loro funzioni sono molto simili a quelle descritte dalla teoria dell’informazione. Si potrebbe immaginare il DNA come un hardware molto potente, non a caso già si parla dei prossimi computer come computer molecolari a DNA. Il DNA però di per sé non ha un software installato; esiste infatti un altro codice, quello epigenetico, che controlla il DNA e lo fa funzionare secondo un programma ben preciso: ne determina l’accensione e spegnimento dei vari geni.
Biava si concentrò quindi a studiare quali fossero i segnali biologici, di natura epigenetica, in grado di indurre le cellule staminali a differenziarsi, la sua ipotesi era che questi stessi segnali fossero coinvolti nei meccanismi di protezione dell’embrione dai tumori. Sembrano ricerche innovative e lo sono, se non fosse che il primo articolo pubblicato in merito da Biava risale ormai ad oltre 30 anni fa (Cancer letter, agosto 1988 – per approfondire OncoVita).
Questo fa capire quanto sia lento e complesso il percorso della ricerca. A quei tempi la scienza era concentrata sullo studio del DNA e della farmacologia classica, la quasi totalità degli investimenti erano indirizzati su questi approcci e poco rimaneva per le ricerche sull’epigenetica come quelle del dott. Biava.
Oggi, oltre 30 anni dopo, molte delle speranze riposte nella genetica sono state deluse e ricerche come quelle di Biava vengono riscoperte con nuovo entusiasmo.
Sono sempre più numerosi i medici che se ne interessano ed all’interno dell’ Equipe BiavaVITA365 oggi composta da un TEAM di dottori specializzati che studiano come traslare sui pazienti le ricerche in ambito di epigenetica. L’Equipe BiavaVITA365 è nata proprio per questo ed opera in diversi centri medici in tutta Italia.
La stessa Equipe BiavaVITA365 è in grado di seguire i pazienti oncologici supportando alle terapie standard anche innovativi approcci non invasivi di natura epigenetica.

